Il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli (foto LaPresse)

C'è di meglio del bonus cultura

Redazione

La fine anticipata dei 500 euro per i giovani non è una cattiva notizia

Probabilmente a chiudere definitivamente la polemica politica sul bonus cultura è stato il Consiglio di stato. I giudici di Palazzo Spada ieri hanno bocciato l’estensione per i prossimi due anni del provvedimento che regala 500 euro a chi compie diciotto anni. La questione è tecnica, secondo il Consiglio di stato la proroga del bonus introdotto dal governo Renzi non doveva avvenire, come è stato fatto nell’ultima legge di Bilancio, attraverso una modifica delle tabelle di stanziamento finanziario del Mibact ma attraverso una norma di rango primario. Questa decisione si innesta proprio in giorni di acceso dibattito politico nato dopo che il nuovo ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli ha manifestato l’intenzione di abolire il bonus: “Vale 200 milioni – ha detto – meglio far venire la fame di cultura ai giovani, facendoli rinunciare a un paio di scarpe”.

 

L’affermazione di Bonisoli, ha fatto scatenare la reazione del Pd, che naturalmente difende la norma: “Un ministro della Cultura che vuole iniziare suo mandato con un taglio, comincia molto male”, ha detto il presidente dei senatori Marcucci, mentre Anna Ascani ha parlato di tagli “classisti”. Sul bonus cultura però un partito che ha perso pesantemente le elezioni dovrebbe essere onesto e ammettere che non è stata una buona idea. Non solo perché non è stato elettoralmente utile (i giovani non hanno votato Pd), ma perché è proprio sbagliato, pensato male, ingiusto e senza un preciso obiettivo. E’ nato come misura anti terrorismo dopo gli attentati islamisti di Parigi del settembre 2015, ma non si capisce perché un regalo di compleanno ai diciottenni servirebbe a sconfiggere il radicalismo. E’ un provvedimento che si è prestato a molti abusi, vendite sottobanco, utilizzato spesso per vedere concerti dei Maneskin più che per leggere Dostoevskij, regalato indistintamente a tutti indipendentemente dal reddito famigliare. Soprattutto il governo non ha mai fatto una valutazione ex post di un provvedimento che impegna tante risorse (fino a circa 300 milioni) che potrebbero essere usate per cose più importanti per l’istruzione dei giovani e le fasce deboli della società, come l’estensione del tempo pieno o la lotta alla dispersione scolastica. Insomma, il bonus cultura è stato pensato male. La fortuna è che è stato anche scritto male, così dopo la bocciatura del Consiglio di stato non sarà necessario neppure un braccio di ferro politico per la sua fine anticipata.