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La sbronza di virtù pol. cor. cambia l'editoria

Giulio Meotti

Il più grande editore al mondo ora sceglie gli scrittori non per il talento, ma in base alla “diversità”

Roma. Jean Genet, André Gide e Pier Paolo Pasolini sono stati fra i più grandi scrittori gay del Novecento, Derek Walcott e V.S. Naipaul i più grandi romanzieri caraibici, mentre Truman Capote e Jorge Luis Borges sono ricordati anche per la loro disabilità (epilettico il primo, cieco il secondo). Ma le case editrici, il comitato che assegna il premio Nobel per la Letteratura (ora in disgrazia), i lettori e le riviste letterarie non hanno concesso loro fama soltanto in quanto gay, caraibici e disabili. E’ invece quello che sta pensando di fare la sezione inglese della Penguin Random House, la più grande casa editrice al mondo, che entro il 2025 vuole “diversificare” il parterre di autori ed editor. Penguin assumerà “in considerazione di etnia, sessualità e disabilità”, guardando non più solo al talento ma anche allo status di vittima della società occidentale. “Quando diversità significa uniformità”. Così, sul settimanale Spectator, la scrittrice Lionel Shriver ha attaccato la decisione del colosso librario. “Ubriaca di virtù, Penguin Random House non considera più la propria ragion d’essere l’acquisizione di buoni libri. Ora mira a rispecchiare le percentuali delle minoranze con precisione statistica. Se un agente invia il manoscritto di un transgender dei Caraibi che ha abbandonato la scuola a sette anni e vaga su uno scooter, verrà pubblicato, indipendentemente dal fatto che il manoscritto sia o meno noioso e insensibile al riciclaggio della carta”. 

      

Tanto è bastato da spingere Mslexia, il magazine inglese per le donne, a cacciare Lionel Shriver dalla giuria di un premio che viene assegnato ogni anno. La Penguin Random House ha respinto le critiche della scrittrice e ha dichiarato di acquisire tutti i suoi autori in base al “talento, prima di tutto”, ma anche di credere “fermamente che dare una piattaforma a voci più diversificate porterà a una maggiore ricchezza”. La redattrice di Mslexia, Debbie Taylor, ha detto: “La ragione d’essere di Mslexia è stata quella di fornire uno spazio sicuro a tutte le scrittrici per sviluppare il loro lavoro. E i commenti di Shriver non sono coerenti con l’ethos di Mslexia e alienano le stesse donne che stiamo cercando di sostenere”. Anche Peter Gordon, direttore dell’Asian Review of Books, ha risposto ai commenti di Shriver. “E’ facile deridere la diversità come un obiettivo sociale, ma senza diversità il mondo letterario inglese non avrebbe Omero, Dostoevskij o García Márquez”.

   

Da due anni, la “diversity” impazza nell’establishment culturale inglese. “Diversifying Portraiture” è il programma adottato dall’Università di Oxford. In nome del multiculturalmente corretto, via i ritratti dei male, pale and stale, i maschi bianchi e vecchi, per far posto alla militante per i diritti dei disabili, Marie Tidball e a Libby Lane, prima donna nominata vescovo della Chiesa d’Inghilterra. Gli studenti del Magdalen College di Oxford sono i primi a frequentare corsi obbligatori di “consapevolezza razziale” per garantire che le minoranze etniche non si sentano offese. L’Università di Cambridge vuole sostituire gli autori bianchi con gli scrittori delle minoranze, facendo seguito alle proposte avanzate dal personale accademico in risposta alle richieste degli studenti di “decolonizzare” il curriculum. La campagna si chiama “Decolonising the English Faculty”.

   

Il primo a rivoltarsi contro questa santimonia progressista è stato il Premio Nobel Saul Bellow, che sparò a zero contro chi aveva cancellato dalla lista degli autori studiabili tutti i grandi scrittori maschi, bianchi, europei e morti. “Chi è il Tolstoj degli zulù? Chi è il Marcel Proust della Papuasia?”, chiese Bellow. Ovviamente lo scorticarono. E lui rispose così: “La Casa Bianca dovrebbe lanciare una ‘fatwa’ e introdurre una taglia sulla mia testa per blasfemia contro l’alta cultura americana? I miei critici, molti dei quali non sono neanche in grado di indicare su una mappa dove si trovi la Papua Nuova Guinea, vogliono condannarmi per vilipendio del multiculturalismo e per diffamazione del Terzo Mondo. Io, poi, sono un vecchio maschio bianco – un ebreo, da prendere a pedate. Ideale per i loro scopi”.

 

“Diversità”. Eufemismo per la nuova discriminazione politicamente corretta.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.