La pazza avventura di Nellie Bly, prima grande reporter americana

Ritanna Armeni

“Dove nasce il vento”. L’invenzione del giornalismo uncovered

In un giorno di gennaio del 1895 una giovane donna di nome Elisabeth Crochan si presenta a George Madden direttore del Pittsburg Dispatch. Elisabeth aveva contestato, in una lettera, le opinioni di Erasmus Wilson, il più celebre commentatore del quotidiano, sulle ragazze americane. I loro compiti – aveva scritto Wilson – erano cucinare, stirare, tenere la casa in ordine; la ricerca di lavoro “una mostruosità”.

 

Che cosa avrebbe fatto oggi il direttore – facciamo dei nomi a caso – del Corriere, di Repubblica o del Foglio in una situazione simile a quella in cui si trovò il direttore del Pittsburgh dispatch? Possiamo solo immaginarlo. Sappiamo invece con certezza che George Madden assunse l’“Orphan Girl” (così era firmata la lettera) e che lei nel suo primo articolo scrisse proprio della vita, delle aspirazioni e delle difficoltà delle giovani donne “senza”, delle ragazze che senza bellezza, senza denaro, senza un particolare talento, nell’America delle opportunità, non volevano tuttavia perdere il treno del lavoro e dell’affermazione sociale. “Sono tanti – si chiedeva Elisabeth Crochan – gli uomini ricchi e importanti partiti da zero. Dove sono invece le donne? Lascia che una ragazza cominci come fattorino, si farà strada e diventerà qualcuno. Le ragazze sono altrettanto intelligenti e imparano molto più velocemente, perché allora non possono fare lo stesso?”.

 

Il libro di Nicola AttadioDove nasce il vento” (Bompiani Overlook ) racconta la vita di Nellie Bly, il nome di battaglia adottato da Elisabeth Crochan, la ragazza “senza” che in pochi anni diventa una reporter famosa, la più famosa e la più intraprendente, la giornalista che parla direttamente ai lettori, ed è capace di mettersi nei loro panni. E non solo in senso figurato. Con lei, infatti, nasce il giornalismo uncovered. Per raccontare la vita delle giovani operaie – pensa Nellie – devi fare l’operaia ed, allora, entra nell’ambiente malsano della fabbrica, si scontra con condizioni di lavoro, subisce l’arroganza maschilista dei capi reparto. Vede che le operaie sono libere ma non felici perché non possiedono nulla se non il lavoro e un bicchiere di vino in uno dei tanti locali malfamati del loro quartiere. “Reputazione! – confessa a Nellie una di loro – non penso di averne mai avuta una da mettere a repentaglio. Lavoro sodo tutto il santo giorno, settimana dopo settimana, per una vera miseria. Vado a casa la sera morta di fatica e con la voglia di qualcosa di nuovo, che sia buono o cattivo non importa”.

 

La vita della prima grande reporter americana, raccontata da Nicola Attadio, assomiglia a una audace cavalcata nella quale gli ostacoli sono tanti, ma si superano con slancio, dalle cadute ci si rialza ammaccate ma ancora forti e, comunque, per nessun motivo si rinuncia a esplorare la grande prateria che si estende davanti a lei, l’America che cresce impetuosa e le donne che vogliono stare al passo del loro paese. La “Orphan Girl” diventata nel giro di pochi mesi un’ “American Free Girl”. Lascia Pittsburgh, va a New York, riesce a farsi assumere dal World, il giornale di Joseph Pulitzer diretto da John Cockerill e questa volta ancora uncovered si fa inviare a Blackwell’s Island, il manicomio femminile, dove “pazza” fra le “pazze” può constatare e poi raccontare “la violenza, l’insensatezza delle regole, la sporcizia, il terrore gratuito, l’incompetenza manifesta della maggior parte dei medici”.

 

Per parlare delle prigioni Nellie si fa mettere in carcere; per scoprire chi c’è dietro il commercio di bambini finge di essere una giovane madre che vuole disfarsi di suo figlio; per capire come funziona la corruzione politica cerca di corrompere. Con forza, audacia, testardaggine. Nessuno riesce a fermarla anche se in molti ci provano. Il melenso giornalismo “femminile”, quello per cui le donne devono parlare alle altre donne di cucina e ricamo, è sempre in agguato e anche i direttori più illuminati e interessati cercano di irretire Nellie. Non ce la fanno e, alla fine, cedono anche alle sue richieste più folli. Giulio Verne ha scritto “Il giro del mondo in ottanta giorni”? Lei dimostrerà che si può fare in meno tempo e ci riesce.

 

Le copie dei giornali si moltiplicano e così la fama della prima grande giornalista americana. Le sue interviste rompono gli stereotipi. Parla con l’anarchica Emma Goldman. “Forse ve la immaginate alta e ossuta con i capelli corti e i pantaloni alla Boomer, con una bandiera rossa in una mano e nell’altra una fiaccola accesa”, dice al lettore e lo coinvolge perché – confessa – lei pensava la stessa cosa e invece si è trovata di fronte un’altra persona. Intervista Belva Ann Lockwood, la donna che vuole diventare presidente degli Stati Uniti negli anni in cui le donne non avevano neppure diritto di voto. Nellie, come tutti gli americani, è stupefatta da tanto ardire e vuole capire. ” Che tipo di donne sostengono le sue battaglie?”, le chiede. “Quelle che pensano con la loro testa e lavorano” è la risposta. “Ma se le donne non possono votare e gli uomini in gran parte la detestano che senso ha presentarsi alle elezioni?”. “Mi candido perché questo serva a educare la gente all’idea di una donna alla Casa Bianca”.

 

Anche Nellie ha una vita personale e, come tutti, gioie dolori, illusioni, delusioni, entusiasmi, ma seguendo le vicende della sua vita tutto quello che non è giornalismo appare solo lo sfondo di una esistenza determinata e dominata da una unica grande passione. Fino alla fine, fino a quando, dopo un matrimonio, un’esperienza di manageriale importante ma fallimentare, si ritrova per caso in Europa quando scoppia il primo conflitto mondiale. E’ la prima giornalista donna a raggiungere il fronte. A lei non interessano lo scontro fra le potenze, il lavoro delle diplomazie, gli scenari politici presenti e futuri ma le storie degli uomini e delle donne, le condizioni degli ospedali, le malattie, la miseria, il comportamento dei nobili e dei contadini, delle donne e dei soldati. Di tutto questo scrive instancabilmente per la durata della guerra prima di tornare in America. Ancora, a raccontare, a esplorare, a denunciare. Instancabile finché non è stroncata da una broncopolmonite. A cinquantotto anni.

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