Aggressiva sì, e allora?

Giulia Pompili

Basta Hello Kitty è il momento di Aggretsuko, l’impiegata che s’incazza e beve, e ci assomiglia molto

Un tempo eravamo tutte Hello Kitty. La bobtail giapponese antropomorfa col fiocco rosa in testa che sin dal 1975 fece la fortuna dell’azienda dell’entertainment nipponica Sanrio e di tutto il settore kawaii, ovvero il business della pucciosità. Ma quarant’anni dopo, le donne non sono più tutte occhioni e gentilezze. E s’incazzano, perfino. Va da sé che pure gli stereotipi abbiano bisogno di un aggiornamento. Dopo un questionario online lanciato dalla Sanrio per trovare un nuovo personaggio che si ispirasse al mondo del lavoro moderno, è venuta fuori lei, Aggretsuko. Il suo vero nome è Aggressive Retsuko (nomen omen), ha venticinque anni, segno zodiacale Scorpione, gruppo sanguigno A (i dettagli sono importanti, nella costruzione di un personaggio), ha l’aspetto di un panda rosso e lavora come impiegata in un’azienda che raggiunge ogni mattina dopo mezz’ora di treno.

Aggretsuko è esattamente come la maggior parte delle venticinquenni giapponesi, ha dei modi carini, gli occhioni pucciosi, anche quando la collega vuole mostrarle a tutti i costi le foto dei figli sul cellulare, anche quando il capufficio le scarica davanti una nuova pila di lavoro cinque minuti prima dell’orario d’uscita. Ed è allora che si scatena la rabbia, e Aggretsuko rompe gli schemi del kawaii: sulla sua fronte compare il kanji, il carattere giapponese che significa “rabbia”, i suoi occhi diventano squadrati e affilati come le stellette dei ninja, il suo volto si trasfigura in una maschera dei Kiss, dalla bocca escono i canini e lei finisce in un karaoke a cantare in growl l’heavy metal. Non solo: Aggretsuko beve, e beve tanta birra, come i suoi colleghi maschi.

    

Un personaggio del genere non può che suscitare la simpatia delle donne, tanto è vero che la Sanrio ha subito sottotitolato ogni micro-episodio della serie a lei dedicata. E il successo sta nel fatto che in molte si identificano nella vita quotidiana di Aggretsuko: i colleghi tutto sommato simpatici ma noiosi, rumorosi, il capo dai modi gentili ma incapace di provare empatia, lo stress di andare e tornare dall’ufficio in una metropolitana sempre stracolma, e la frase che chiude ogni episodio, che sembra una condanna presa con ironia: “E domani è un altro giorno!”.

 

La cosa più interessante di Aggretsuko, però, è che sia nata nella rigida società nipponica, dove le donne hanno ottenuto una legge per potersi tenere il proprio cognome dopo il matrimonio soltanto una settimana fa. Ma il prodotto della Sanrio è perfino una velata critica alla cultura aziendale giapponese, piegata dal problema del karoshi, della morte per troppo lavoro, e dell’incapacità dei salary man di ribellarsi al sistema. In Giappone a una donna è richiesto di essere gentile e pucciosa sempre, anche quando è arrabbiata, di bere con moderazione, di non alzare la voce e soprattutto di non dire mai di no. Aggretsuko dice “non posso” e urla come una dannata quando si tratta di cantare testi tipo: “Zitta e lavora! Smettila di farmi domande! Non me ne frega niente! Non è una scuola media! Comportati da adulta!”, che è tutto ciò che vorremmo dire noi, all’ennesimo iPhone con fotografia di figlio al mare brandito come un’arma dalla collega di banco.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.