foto di Lex McKee via Flickr

Giù le mani da Jane

Paola Peduzzi

Che c’azzecca la Austen con l'ultradestra americana? Storia di un’appropriazione, e di una rivolta

Quando si è in dubbio con i riferimenti culturali, spesso ci si rifugia in Jane Austen, che è un riferimento talmente assoluto da funzionare un po’ per tutte le occasioni. Ora però che ad appropriarsi della Austen sono quelli della “alt right” americana, zona Bannon e molto oltre, s’è scatenata una rivolta. Nicole Wright, che insegna Letteratura inglese all’Università del Colorado, ha raccontato in un articolo – illustrato da una Jane Austen che ha sulla testa un cappellino con la scritta “Make America great again” – che nei siti e nei forum dell’ultradestra americana si ritrovano spesso riferimenti alla scrittrice inglese. Il più rilevante è quello pronunciato da Milo Yiannopoulos, ex di Breitbart e provocatore di professione: “Come direbbe una scrittrice vittoriana – ha detto Milo – è una verità universalmente riconosciuta quella secondo cui è molto più probabile che una donna brutta diventi femminista rispetto a una bella”.

 

Per prima cosa la Wright si è offesa perché la Austen non è vittoriana: la scrittrice è morta nel 1817, l’èra vittoriana è iniziata vent’anni più tardi. Ma questo è un dettaglio da esperti: la Wright, sconvolta da questa citazione – com’è che la Austen compare in un discorso dell’alt right? –, è andata a cercare il testo completo di Milo e nella ricerca si è accorta che la Austen è citatissima nel mondo dell’alt right, altro che Milo. C’è chi la cita perché simboleggia la purezza sessuale; chi la ricorda come la narratrice di una cultura tradizionale bianca ormai scomparsa; chi la menziona perché è l’eccezione che conferma la regola dell’inferiorità delle donne. Gli esempi della Wright sono tanti, alcune digressioni lambiscono faide tra icone ben più moderne e ben meno all’altezza del riferimento originario – quella tra Miley Cyrus, simbolo di perdizione e di trasgressione multiculti, e Taylor Swift, che “sta a casa con il gatto a leggere la Austen”, per esempio – ma quel che più conta, secondo la studiosa, è che innestare la scrittrice nel proprio immaginario serve all’alt right per normalizzarsi: non siamo dei bifolchi con ispirazioni naziste, ci piace la Austen.

 

Lo stesso fenomeno avviene – con qualche sfumatura differente – nell’orbita dei “brexiteers”, i sostenitori della Brexit: loro sognano una Britannia che ha molto a che fare con il mondo raccontato dalla Austen, e ormai perduto. Le motivazioni però non sono sufficienti: s’è alzato un coro “giù le mani dalla Austen” che è risuonato su molti giornali internazionali. Leggetela e capirete che non c’entra nulla con voi, hanno detto molte commentatrici infastidite (sì, sono soprattutto donne) rivolgendosi al popolo dell’alt right, ma prima che la querelle iniziasse, prima che ci trovassimo a difendere la purezza della Austen in un contesto così poco congruo, era stata Nancy Pelosi, ex speaker liberal del Congresso americano, a creare il parallelismo (era una battuta): “In questa Casa Bianca i ricchi si azzuffano più che in un romanzo di Jane Austen. Mi hanno detto che il nome in codice attribuito dai servizi a Trump sia ‘Orgoglio’ e a Bannon ‘Pregiudizio’”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi