Salvatore Settis

Salvatore Settis e i “Protocolli dei Savi di JP Morgan”

Luciano Capone

L’archeologo pubblica sul Fatto una rivisitazione di un classico del complottismo

Roma. Attenzione, la Costituzione è di nuovo sotto attacco, il fronte del No è diviso e la finanza internazionale, con la collaborazione della politica che opera come una quinta colonna, sta per approfittarne. I retroscena di questo complotto sotterraneo sono stati svelati sul Fatto quotidiano da Salvatore Settis, intellettuale animatore del fronte nazionale di difesa costituzionale, attraverso la pubblicazione di un falso documento segreto: il “pizzino JP Morgan”, in cui è esposto il piano per lo stravolgimento della Carta costituzionale. In realtà, superato il titolo in prima pagina, si vede che il documento è più un papello che un pizzino e che il colosso bancario non sarebbe l’autore ma il destinatario di una lettera scritta da un parlamentare collaborazionista: “Spett. ufficio studi di JP Morgan, la Costituzione italiana dev’essere urgentemente cambiata, lo sappiamo da anni anche grazie alle vostre preziose analisi. Il problema è come”, si legge. Con un artificio mutuato dalla letteratura complottista di quarto grado, Settis sviscera la strategia segreta, il “Piano C”, che le forze oscure interne ed esterne starebbero attuando per distruggere la Costituzione e che avrebbe come snodo cruciale la costruzione dello stadio della Roma.

 

 

La falsa lettera, che somiglia ai deliri di un mitomane, spiega l’andamento carsico dell’attacco alla Costituzione: “Ci abbiamo provato una prima volta con il Piano A”, che sarebbe scattato “per iniziativa dell’allora Presidente Napolitano” con il tentativo di riforma sotto il governo Letta attraverso le larghe intese. Fallito quell’esperimento “si passò al Piano B, che prevedeva di modificare la Costituzione in parallelo con un’accesa campagna di opinione che garantisse il prevalere dei Sì”. Pure quel tentativo è andato male – anche per merito dei cavalieri di Libertà e Giustizia, come Settis & Co., che hanno scoperto in tempo il complotto di JP Morgan messo nero su bianco in un rapporto pubblico – e allora si è passati al Piano C: poiché il fronte del No è diviso e senza leadership, la strategia prevede l’adozione di atti amministrativi contrari allo spirito della Carta, “lasciare la Costituzione com’è, ma ignorarne sistematicamente le prescrizioni”.

 

Il passo più importante del Piano C è la costruzione dello stadio della Roma, ignorando i vincoli sulla tettoia diroccata dell’ippodromo che, si scopre, avrebbe valore costituzionale. Fatto lo stadio, la strada per il successo del Piano C è spianata: “Basterà fare altrettanto in una moltitudine di atti amministrativi, compilati in senso opposto alla Costituzione vigente”. L’allarme per un progetto di riforma costituzionale per via amministrativa è di notevole interesse per gli amanti del genere complottista, ma non è la più brillante teoria del complotto partorita dalla mente del prof. Settis. Solo qualche anno fa, in un articolo sull’Espresso, l’archeologo decifrò gli ultimi 90 anni di storia d’Italia da una fotografia: “Enrico De Nicola firma la Costituzione, accanto a De Gasperi, Terracini e Grassi. Ma c’è anche un compunto giovanotto con in mano una cartelletta”. Quella foto, quel giovanotto e il contenuto di quella cartelletta rappresentano secondo Settis la lotta perenne tra stato e antistato, tra la Costituzione e le forze del male, il filo rosso che unisce la fiducia al governo Mussolini e l’instaurazione del fascismo, il governo Tambroni, lo scandalo Lockheed, il Piano di rinascita democratica della P2 e Licio Gelli, l’esilio dei Savoia, ma anche Silvio Berlusconi, la JP Morgan e Matteo Renzi. Manca un accenno ai Templari, al Bilderberg o agli Illuminati, ma probabilmente solo per il poco spazio a disposizione, visto che ormai Settis nell’elaborazione di “piani” per spiegare la storia come un’unica grande cospirazione somiglia sempre più a una parodia dei personaggi del “Pendolo di Foucault” di Umberto Eco.

 

Ma ciò che è più interessante è l’introduzione di Settis che accompagna la pubblicazione del Piano C: “L’anonimo mittente – scrive l’archeologo, rivolgendosi al direttore del Fatto Marco Travaglio – non fornisce prove della sua autenticità. Personalmente lo ritengo un falso, ma lo mando lo stesso alla sua attenzione, anche perché i fatti in esso ricordati sono veri”. L’espediente usato da Settis – la distinzione tra autenticità e veridicità – non è originale, perché ricorda perfettamente l’introduzione a un classico del complottismo antisemita, i “Protocolli dei Savi di Sion”, il falso documento che “svelava” il complotto ebraico per il dominio del mondo: “Il problema della loro autenticità è secondario e da sostituirsi con quello, ben più essenziale e serio, della loro veridicità – scriveva il filosofo nero Julius Evola – Quand’anche i Protocolli non fossero autentici nel senso più ristretto, è come se essi lo fossero, perché i fatti ne dimostrano la verità”. 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali