Foto Lisa Leonardelli (Flickr)

Che cosa è il male? Dibattito sul piano lupo

Antonio Gurrado

Animalisti in rivolta, la Conferenza Stato-Regioni rinvia la discussione sul testo che prevede l'abbattimento degli animali per provare a salvaguardare le greggi   

Mai avrei pensato che una seduta della Conferenza Stato-Regioni potesse scatenare una diatriba sul senso etico del concetto di natura. Ieri l'ente che si occupa di far collimare l'inquadramento giuridico dato dai ministeri e l'attuazione da parte delle amministrazioni locali ha ottenuto il rinvio del Piano Lupo, un provvedimento ministeriale che dispone, fra varie contromisure non sanguinose, anche l'abbattimento dei lupi per salvaguardare le greggi.

 

Un comunicato di Coldiretti fa notare che il numero di lupi che circolano in Italia si assesti ormai attorno alle 1800 unità, circa il doppio rispetto a soli tre anni fa: questo nuoce particolarmente alla cosiddetta pastorizia 2.0, ossia alla tendenza di lasciare le greggi allo stato brado così che il pastore possa svolgere altre attività (lavorazione del latte, fienagione) nel medesimo lasso di tempo. Per contro le associazioni animaliste, che hanno lanciato apposite petizioni online e l'hashtag #cacciaunNO, fanno notare che da quasi mezzo secolo i lupi sono specie protetta.

 

Entrambe le parti sentono di avere l'etica dalla propria. La Coldiretti argomenta infatti che l'estremo ricorso all'abbattimento serva a tutelare la natura, in quanto il lavoro dell'uomo costituisce un valore aggiunto per l'ambiente garantendo migliori condizioni a pecore, capre, vacche che altrimenti rischierebbero lo sbrano. Sotto quest'aspetto, il beneficio della natura consiste nell'intervento migliorativo, che accudisce correggendo. Gli animalisti ribattono che per tutelare la natura si debba evitare il metodo venatorio (“eticamente inaccettabile”) poiché compromette lo stato di conservazione del lupo. In questo caso, il beneficio della natura consiste nell'intervento conservativo, che accudisce proteggendo.

 

La questione sembra ricalcare il paradosso di Pascal, secondo il quale non poteva esistere una norma etica universale, nemmeno il semplice e immediato “non uccidere”: se fosse consentito uccidere, i cattivi ucciderebbero legalmente tutti i buoni; se fosse proibito uccidere, i buoni dovrebbero uccidere ex lege tutti i cattivi onde evitare di venirne comunque uccisi, visto che essendo cattivi trasgredirebbero. Ora, i lupi non si pongono grandi problemi filosofici, ma lo Stato? Il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti ha optato per il pragmatismo: in un comunicato spiega che ogni anno circa trecento lupi vengono abbattuti dai bracconieri, ora che sono protetti, ragion per cui l'abbattimento estremamente calmierato previsto dal Piano Lupo può essere un modo per demotivare il bracconaggio indiscriminato.

 

Insomma, il discutibile principio del minore dei mali: laddove invece l'altrettanto indiscriminato principio conservativo degli animalisti ha per effetto concreto maggiori rischi di abbattimento per il lupo. E qui si fa strada nell'etica un dubbio iperbolico: se si crede fermamente in un principio, ma esso viene disatteso da chi non vi si riconosce, è più importante difendere il principio teorico o escogitare un modo pratico per derogarvi secondo criteri prestabiliti, sapendo che ciò eviterebbe una più vasta trasgressione del principio stesso? Tradotto dal filosofese: se nella teoria si è convinti che i lupi non debbano mai essere uccisi, è lecito consentire nella pratica che qualche lupo venga ucciso per far sì che vengano uccisi meno lupi? Dubito che la Conferenza Stato-Regioni ne sia consapevole ma, rinviando l'entrata in vigore del Piano Lupo, ha prolungato di un mese i millenni di dibattito sull'insolubile problema del male.

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