(foto LaPresse)

Pop corn

Come si fa a fare un film acchiappa-Oscar

Mariarosa Mancuso

Esistono i film che giustificano la loro esistenza solo come calamita per le statuette? Su Vulture si discute sulla loro esistenza e sulle loro fattezze, ma non c’è da sperarci troppo

Stagione di Oscar – le nomination si sapranno il 4 gennaio 2017, le statuette verranno assegnate il 26 febbraio, se ne chiacchiera negli Stati Uniti già da settembre. Il tormentone vero comincia con il prolungato weekend di Thanksgiving, tradizionale picco di incassi. Per i titoli fortunati. Per i titoli sfortunati non c’è salvezza: il presidente concede la grazia a un tacchino ospite alla Casa Bianca, non ha potere sui film riusciti male. E tra poco, con Trump, vedremo di nuovo i messicani dormiglioni con il sombrero o i cinesi loschi. Il nuovo corso è sfuggito – di nuovo – al New York Times, che apre il dibattito: “C’è spazio nelle serie tv per musulmani che non siano terroristi?”.

Stagione di Oscar. E stagione di film acchiappa-Oscar. Su Vulture si discute sulla loro esistenza e sulle loro fattezze, e anche se il titolo dell’articolo ha un punto di domanda in fondo – ma esistono, i film che giustificano la loro esistenza solo come calamita per le statuette? – non c’è da sperarci troppo. Nel suo piccolo – prematuramente, non è ancora entrato nella short list degli stranieri candidati – è acchiappa-Oscar “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi. Viaggia accompagnato dalla benedizione di Meryl Streep, che da presidente della giuria gli fece vincere l’Orso d’oro alla Berlinale del 2016. E parla di migranti. Sempre che i giurati dell’Academy, più trumpisti di Trump, non si facciano commuovere e lo giudichino come un documentario (in tal caso, hanno visto di meglio).

Esquire – senz’altro più cinico di Vulture – divide gli acchiappa-Oscar in categorie. Calamite di grado zero, per cominciare. Come “Lion”: bambino perso in India e adottato in Australia che ritrova la vera mamma grazie a Google Earth (nelle sale italiane il 22 dicembre). Come “La battaglia di Hacksaw Ridge”, carneficina pacifista di Mel Gibson (esce a febbraio). Come “Sully” di Clint Eastwood con Tom Hanks, già in sala.

Arrivano poi gli acchiappa-Oscar di grado superiore, o “Dignified Bait”. Calamite per un pubblico riflessivo e sussiegoso (copyright Giuliano Ferrara, son quelli che voteranno No al referendum). In cima alla lista, “Moonlight” di Barry Jenkins, indice di gradimento sugli aggregatori di recensioni Rotten Tomatoes e Metacritic pari al 98 per cento (E’ lecito avere riserve sul liricheggiante romanzo di formazione di un giovanotto nero, gay, e quasi vergine? Estetiche, perlomeno: pensiamo all’indugio sul pettorale con scorcio d’ascella). Segue “Manchester By the Sea” di Kenneth Lonergan con Casey Affleck, decretato miglior film dell’anno dalla National Board of Review: al Festival di Roma piangevano tutti, nelle sale piangeranno a febbraio. Un po’ staccato, “Jackie”: dopo “Neruda”, il regista cileno Pablo Larrain rivolge le sue attenzioni biografiche alla vedova di John Fitzgerald Kennedy. Natalie Portman prenota l’Oscar come migliore attrice.

Di più su questi argomenti: