Una vecchia macchina diventa il regno per principi e principesse orfani. Sunny è molto di più di un fumetto

Gianmaria Tammaro

Nell manga di Taiyo Matsumoto i protagonisti sono loro, i bambini: tutti diversi, tutti unici; ognuno con il suo piccolo feticcio e segreto.

C'è un gruppo di bambini che vivono in un istituto per minori: ci sono loro e dall’altra parte, a scuola, in strada, al parco, ci sono “i figli di casa”, i bambini che hanno ancora una famiglia a cui tornare. Tra loro una una vecchia auto parcheggiata nel cortile dell’istituto, una Sunny, dove i bambini – a turno, o tutti insieme – vanno a giocare immaginando avventure, corse clandestine e storie. Questo è lo scenario di Sunny, il manga, edito da j-pop, vincitore a Lucca Comics and Games 2016 del premio “miglior serie”. Ed è un peccato che se ne parli così poco, perché è uno dei migliori in circolazione.

“L’immaginazione vi porterà dappertutto”, diceva Albert Einstein. E già nel primo volume, nella prima parte, l’immaginazione riporta uno dei bambini, Sei, a casa dai suoi genitori: ripercorre la strada, la racconta, sente gli odori del pranzo, e si sente, anche se solo per un momento, “in pace”, non più abbandonato.

L'autore è Taiyo Matsumoto. Il suo stile non è il tipico stile dei manga: i tratti non sono né eccessivamente occidentalizzati, né troppo caricaturali; il segno si mantiene leggero, dinamico, semplice, regalando alle immagini un’espressività unica e potente. I protagonisti sono loro, i bambini: tutti diversi, tutti unici; ognuno con il suo piccolo feticcio e segreto. C’è Haruo (chiamato White a scuola, perché ha i capelli tutti bianchi) che custodisce gelosamente una confezione di crema per le mani, che gli ricorda la madre; c’è il piccolo Junsuke, che si lascia crescere le unghie per farsele tagliare solo dalla madre; c’è Megumi che ha la paura, anzi la convinzione, di morire sola, abbandonata in un canale; e ci sono i due fratelli Kenji e Asako, entrambi adolescenti, figli di un padre alcolizzato, che lavorano nell’istituto e vanno al liceo. Sullo sfondo, si muovono gli altri personaggi: più o meno complessi, più o meno verosimili. Il gigante buono ma stupido, il direttore dell’istituto, i vari tutori e i vicini.

Tutta la storia si svolge nel microcosmo della casa, con le sue regole, le sue riunioni e la sua routine quotidiana. Un piccolo regno per principi e principesse orfani. Il racconto cambia continuamente prospettiva. Non c’è un narratore esterno. Ogni capitolo ha un suo protagonista, con il suo punto di vista unico e riconoscibile. Matsumoto è particolarmente bravo nel tenersi in disparte, regalando all’atmosfera e alle persone – non solo personaggi – che la popolano la loro dignità. Storia delicata, rivolto a tutti, che riapre, volente o no, un discorso importante nel mercato italiano (un avviso, specialmente, rivolto agli addetti ai lavori): anche i manga, anzi soprattutto i manga hanno una loro complessità; e vanno presi ad esempio, e apprezzati, proprio per il loro essere non-occidentali: opposti, plausibili; talvolta eccessivi; ma tutti, come Sunny, dalla poetica profonda, e dalla narrazione più reale che realistica.

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