(foto LaPresse)

Tornano le scuole d'élite in Inghilterra. Obiettivo: far emergere le eccellenze

Francesca Parodi

Prosegue il dibattito sull’apertura delle grammar schools in Inghilterra, tra accuse di classismo e discriminazione. Previsto un nuovo provvedimento anche per le scuole cattoliche

L’istruzione è un tema caldo che crea tensioni tra governo, partiti e sindacati non solo in Italia, ma anche in Inghilterra, dove continua l’acceso dibattito sui nuovi provvedimenti scolastici. Il primo ministro Theresa May ha infatti deciso di rilanciare il sistema educativo britannico promuovendo l’apertura delle tanto criticate grammar schools. Si tratta di scuole statali considerate d’élite in quanto prevedono un severo test d’ingresso per gli aspiranti studenti di 11 anni. Sono così chiamate perché offrono una formazione prettamente accademica (a differenza delle scuole tecniche) e per accedere a esse è fondamentale avere ottime conoscenze di grammatica. Diffuse fin dal 1600, queste scuole scatenarono aspre polemiche negli anni Cinquanta e Sessanta per la loro natura definita classista, finché Tony Blair nel 1998, da poco primo ministro, vietò che se ne aprissero di nuove. La decisione della May di rilanciare le grammar schools ha dunque riaperto una vecchia disputa che vede schierato come opposizione il partita laburista, secondo cui queste scuole aggravano il divario sociale e avvantaggiano le famiglie benestanti.

 

 

L’obiettivo di questa manovra, ha spiegato il primo ministro, è quello di promuovere le eccellenze e liberarsi da un sistema paralizzante: “Per troppo tempo abbiamo tollerato un sistema che impedisce in maniera arbitraria di aprire scuole selettive, sacrificando così il potenziale dei ragazzi a causa di un dogma e di un’ideologia”. Attraverso le scuole selettive, sostiene il primo ministro, è possibile promuovere “la mobilità sociale e rendere l’Inghilterra una vera meritocrazia, un paese che funziona per tutti”. “I privilegiati hanno le scuole private", ha aggiunto May. "Ma i vantaggi devono essere basati sul merito, non sul privilegio. Se vogliamo più mobilità sociale, dobbiamo permettere che emergano i migliori, indifferentemente dal reddito o dal quartiere in cui vivono”.

Un nuovo provvedimento riguarda anche l’istruzione cattolica: il governo ha deciso di abolire l’obbligo per le scuole religiose, in caso di eccesso di domande di iscrizione, di accogliere il 50 per cento degli studenti di confessioni diverse dalla propria. “Rimuoveremo questa regola del 50 per cento”, ha dichiarato Theresa May, “per permettere l’aumento della capacità di posti che la scuola cattolica può offrire. Ci consulteremo, invece, per mettere in atto requisiti d’ingresso molto più efficaci e assicurarci che le scuole confessionali siano davvero scuole d’integrazione”. Il Servizio dell’istruzione cattolica, che vedeva come la legge del 50 per cento come “discriminante” sulla base della fede, ha dichiarato di aver “accolto con piacere la proposta del governo” e che adesso sarà possibile “accogliere la domanda per migliaia di posti in tutto il paese”. L’attenzione del governo verso l’istruzione cattolica si spiega per il peso di questa nel panorama scolastico inglese: secondo il Servizio dell’istruzione cattolica, le scuole cattoliche, 2.142 in Inghilterra, costituiscono il 10 per cento delle scuole pubbliche dell’intera nazione.

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