Monica Cirinnà (foto LaPresse)

Paradosso civile

Antonio Gurrado
Non l’avrei mai detto ma sto aspettando con trepidazione un’unione civile. Sabato prossimo, a Schio, un’assessora con fascia tricolore unirà Piero e Gianni nonostante che non siano amanti, e nemmeno omosessuali.

Non l’avrei mai detto ma sto aspettando con trepidazione un’unione civile. Sabato prossimo, a Schio, un’assessora con fascia tricolore unirà Piero e Gianni nonostante che non siano amanti, e nemmeno omosessuali. Sono due amici che per dividere le spese vivono assieme da qualche tempo, supportandosi nelle faccende pratiche e nelle fiacchezze morali com’è giusto fra amici e com’è necessario in questo secolo reo che sta polverizzando il sostegno eterno della famiglia. Piero e Gianni sono furbi. Con l’unione civile potranno conseguire qualche vantaggio pratico più o meno significativo, che si tratti di non pagare due canoni Rai, garantirsi assistenza in ospedale o godere della reversibilità della pensione. Sono anche onesti, poiché non stanno violando la legge né tanto meno ingannando nessuno; si limitano ad allungare una mano per cogliere il frutto che un ramo della legge Cirinnà fa pendere a disposizione di chi voglia prenderselo. Sono trasparenti, in quanto dichiarano senza remore che la loro sarà un’unione civile di comodo, né più né meno di tanti matrimoni di convenienza che la storia insegna riuscitissimi, molto meglio di quelli d’amore.

 

Soprattutto, però, Piero e Gianni sono due eroi della libertà. La loro unione civile si basa infatti sul principio basilare che lo stato non debba immischiarsi nella vita sentimentale delle persone né tanto meno in quella sessuale. Sabato non ci sarà nessuno talmente dispotico, spero, da domandare loro se davvero si amino o, peggio ancora, se abbiano regolarmente rapporti carnali. Qualora accadesse, potranno pur sempre rispondere che l’Italia tracima di coppie regolari che non si amano o che non fanno l’amore; abbondano uomini e donne, accoppiati come più ritengono opportuno, che da anni si detestano e non si toccano ma la cui unione è sancita dallo stato e riconosciuta con tutti i crismi. Né, mi auguro, qualcuno interromperà la cerimonia domandando brutalmente ai contraenti se siano omosessuali. Oltre che ineducato sarebbe una violazione del rispetto che si deve all’intimità di ciascuno, e impedire loro di accedere a un istituto dello Stato per via dell’orientamento sessuale sarebbe una palese, quasi selvaggia discriminazione.

 

Le contraddizioni della Cirinnà

 

Non sorprende che Piero e Gianni facciano masticare amaro soprattutto i rappresentanti delle società arcobaleno. L’Ansa riporta che il presidente di Equitaly Italia Aurelio Mancuso, pur ammettendo l’assoluta legittimità di quest’unione civile cameratesca e pragmatica, taccia i due di truffa morale. E’ un’espressione vaga per reagire a un’iniziativa che con precisione impietosa mette a nudo alcune contraddizioni di fondo della legge Cirinnà. Dove sarebbe la truffa, infatti, e dove la morale? Lo stato non può richiedere ai cittadini una esplicita dichiarazione del proprio orientamento sessuale, tanto più che esso può risultare mutevole o talvolta arduo da definire. Né può esigere che i contratti tra cittadini vengano calibrati in base ai sentimenti che provano: sia perché un sentimento è per definizione vago e volatile, sia perché l’espressione di un sentimento (foss’anche il più saldo) è sempre lasciata all’arbitraria autocertificazione del singolo, del quale bisogna fidarsi perché non esiste controprova.

 

Il sentimento è sempre un fraintendimento. La retorica della campagna “Love is love”, che martellava in favore delle nozze fra persone dello stesso sesso sulla sola base dell’amore come legame che tutto giustifica, era fondata sull’errore di ritenere che un istituto giuridico univoco potesse essere incardinato su un termine di per sé equivoco: parliamo di amore sulla base della nostra individuale esperienza pregressa ma dando per scontato che in petto agli altri batta la nostra stessa individualità; né sappiamo quale sia il confine esatto dell’amore, che è un intrico di gradazioni contraddittorie. Se però sabato a Piero e Gianni sarà impedito unirsi, allora vuol dire che la legge Cirinnà è stata fatta per trasformare l’Italia in uno stato di polizia romantica.

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