Oliver Stone (foto LaPresse)

Festa del Cinema di Roma

Dagli sproloqui di Oliver Stone alle facili indignazioni politically correct

Anselma Dell'Olio
I premi di Pulcinella. Medaglia Miserabilismo ex aequo a “Sole cuore amore” e “7 minuti”, e a tutti i film italiani che preferiscono non impegnarsi a scrivere un film sull’immobilismo del “sistema Italia” e le sue tenaci radici nella mentalità di un paese che dice di volere il cambiamento, e poi spara sul primo che ci prova davvero, dicendo No a qualunque riforma seria.

Coppa Ginkgo Biloba a Oliver Stone. In tutti gli incontri sproloquia contro gli Stati Uniti, “paese violento, inqualificabile, il peggiore di tutti”, e come esempio cita la guerra in Vietnam. Poi l’amico fraterno di Fidel Castro e Hugo Chávez inizia un panegirico al soft power delle dolci nazioni europee. “Ho origini francesi”, e sviolina su quanto sono migliori, più buoni, equilibrati e pacifici. 1. Si scorda la Seconda guerra mondiale; 2. Rimuove la guerra d’Indocina (1946-1954), la sale guerre de la douce France contro il Viet Minh (poi Vietnam) del comunista Ho Chi Minh. L’area era colonia francese fino alla sconfitta di Dien Bien Phu.

 

Premio Orecchio di latta alla colonna sonora di “The Secret Scripture”, per gli assordanti accordi iper melò che annunciano l’arrivo di eventi devastanti e dolorosi. L’uso eccessivo della musica è segno di insicurezza registica. Da “Tin Ear”, espressione inglese per l’incapacità di sentire suoni in modo corretto e sensibile.

 

Medaglia Nino Manfredi all’incolpevole Meryl Streep. Dopo aver espresso la sua ammirazione per Anna Magnani e Silvana Mangano, è costretta a indicare un’attrice italiana di oggi che stima. Risponde che conosce poco il cinema italiano di oggi; con diplomazia nomina un’attrice italiana di prima fila. “Ammiro la sua purezza”. Nelle immortali parole di Nino Manfredi in “C’eravamo tanto amati”, “Che vor di’?”  “Un’altra lode non mi viene in mente”, ecco che vor di’.

 


Meryl Streep (foto LaPresse)


 

Trofeo Mazza di ferro a “Sole cuore amore” del pur bravo Daniele Vicari, che immagina una donna sfigata all’ennesima potenza. Ha quattro figli, un marito disoccupato, un lavoro in nero che la impegna anche nei weekend, un pendolarismo di quattro ore al giorno con sveglia alle 4.30, la lavatrice da fare quando arriva a casa, disponibilità a lavorare pure la sera – per euro 800 al mese – con multa per ritardi dati come inevitabili. Ah, e un problemino cardiaco. La mazza è per darsela sulle palle dalla disperazione per il cinema italiano.

 


Daniele Vicari (foto LaPresse)


 

Coppa Matteo Salvini a “7 minuti” di Michele Placido. Opera teatrale tradotta in “cinema da camera alla Lumet” pensando a “La parola ai giurati” . (“In do binoculo”, si dice nella Puglia di Placido). Dice il regista: “E’ un film senza vanità” perché le undici attrici sono struccate. Sarebbe normale visto che sono operaie in una fabbrica, comprata da una multinazionale che chiede di ridurre le pause per tastare il terreno, in attesa di applicare vessazioni peggiori. Questa la tesi. Alla fine le uniche che cedono al ricatto dei padroni chi sono? Tre immigrate, by golly.

 



 

Medaglia Miserabilismo ex aequo a “Sole cuore amore” e “7 minuti”, e a tutti i film italiani che preferiscono una facile indignazione pol. corr., piuttoso che impegnarsi a scrivere un film sull’immobilismo del “sistema Italia” e le sue tenaci radici nella mentalità di un paese che dice di volere il cambiamento, e poi spara sul primo che ci prova davvero, dicendo No a qualunque riforma seria.

 

Grolla Catshit ai californiani ipersalutisti. David Mamet dice: “Sulla west coast il glutine è in via di estinzione, temuto come veleno puro. La componente proteica dei cereali è in cima alla lista nera degli alimenti politicamente scorretti, manco scatenasse la peste bubbonica. Se gliela dai senza glutine, i californiani mangerebbero pure la cacca di gatta”.