Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman

Il Foglio internazionale

Soltanto il realismo può salvare l'Europa

Redazione
Il paneuropeismo non esisteva nei progetti dei padri fondatori, scrive il Wall Street Journal.

A quest’Europa serve più realismo politico, cioè la formula che l’ha fatta crescere, ha scritto Walter Russell Mead sul Wall Street Journal. Occorre recuperare la visione che avevano Charles de Gaulle, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi, tutti “conservatori consapevoli dell’importanza dello stato nazione, la cui idea d’Europa rifletteva l’esperienza di due guerre mondiali e di una pace fallita”. L’unità europea “fu tutto meno che un esercizio sentimentale di geopolitica”. Questi governi consideravano l’unità europea lo strumento per mantenere il vecchio mondo il più possibile indipendente sia da Mosca sia da Washington. Non è un caso che dopo l’umiliazione patita a Suez nel 1956, Adenauer disse a De Gaulle che “l’Europa sarà la tua rivincita”.

 

Insomma, “questi leader non pensavano che sottomettere la loro storia e identità in un’Europa cosmopolita e post nazionale fosse possibile o desiderabile. Nessuno pensava di essere impegnato nella costruzione (né lo volevano fare) di un superstato cosmopolita, che è invece oggi l’aspirazione di molti europei”. Dalla fine della Guerra fredda, il continente che diede al mondo Machiavelli ha abbracciato lo spirito di Woodrow Wilson, “la sua visione di un ordine mondiale liberale regolato da istituzioni globali è divenuta la base della politica europea”. La grande malattia dell’Unione europea è insorta con l’idealismo democratico, cui è seguita la “promozione dell’espansione in quelle che erano terre del Patto di Varsavia e dell’Urss”. Le élite si sono però dimenticate di considerare le conseguenze sui rapporti con Mosca.

 

“Fin dai tempi di Pietro il Grande, la Russia ha insistito sul suo diritto di influenzare le decisioni europee che hanno a che fare con i suoi interessi economici e di sicurezza. Qualsiasi leader europeo degli ultimi tre secoli avrebbe capito che tentare di escludere Mosca dalle principali questioni politiche europee è il modo migliore per favorire la guerra”. Il problema principale, però, è che l’Europa ha scartato l’idea dello stato-nazione, “una delle più grandi e potenti invenzioni politiche del continente”. I leader post-nazionali “pensavano che il continente sarebbe stato rafforzato emarginando il nazionalismo e sposando l’obiettivo di un superstato paneuropeo. Si sbagliavano, e l’errore è visibile oggi”.

 

Gli architetti della costruzione europea non pensavano che lo stato-nazione fosse superato. Per De Gaulle, Adenauer e De Gasperi, lo stato nazione rimase il fondamento indispensabile per l’ordine europeo e mondiale, poiché “nessun altro soggetto politico possedeva la legittimità democratica necessaria”. La soluzione per oggi? “L’Europa deve smettere di fingere che la storia è finita, che la vecchia cruda realtà della politica internazionale abbia ceduto il passo al progresso liberale irresistibile. L’Europa deve accogliere gli stati e le culture nazionali e sfruttare il loro potere creativo. Deve ricostruire le sue capacità militari e procedere puntando gli occhi su quelli che sono gli interessi europei in questo mondo pericoloso”.

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