Manuel Agnelli, Audizioni trasmissione televisiva X Factor (foto LaPresse)

Le critiche a Manuel Agnelli giudice di X-Factor. E' il mercato, bellezza

Giulia Pompili
Il leader degli Afterhours, band tra le più celebri degli ultimi trent’anni in Italia, è stato accusato di essere passato al commerciale, come se ci fosse una linea da tirare tra le canzonette e gli artisti "impegnati", tra gli alternativi e quelli che fanno parte del Sistema. Le becere polemiche su cosa sia cultura musicale.

Guru. La quintessenza dell’indie. Mito del rock. Manca solo “venerato maestro”. A voler essere scrupolosi, Manuel Agnelli è stato insultato molto più dai suoi ammiratori che dai suoi detrattori, in passato. E poiché gli ammiratori non perdonano, ora gli danno pure di venduto. Il problema? La sua partecipazione al talent show per eccellenza, l’“X Factor” di Sky, che ha dato il via alla solita polemica tutta italiana dell’artista “alternativo” che si piega alle logiche di mercato. E da noi, si sa, il mercato è il demonio.
Il leader degli Afterhours, band di Milano tra le più celebri degli ultimi trent’anni in Italia, è stato accusato di essere passato al commerciale, come se ci fosse una linea dritta da tirare tra le canzonette e gli artisti considerati impegnati, tra gli alternativi e quelli che fanno parte del Sistema, parte di un ingranaggio volto solo al consumo, a rincretinire gli altri omologati. Il Bilderberg dei padroni del mondo della musica, insomma. Quella contro Manuel Agnelli è una gogna che ci suona familiare, ricorda le polemiche contro Fedez quando si fotografò dal suo costosissimo attico di Milano, ma pure gli insulti arrivati a Gianni Morandi quando su Facebook si tradì, confessando di essere andato a fare la spesa di domenica (tu, milionario, come osi andare a sfruttare il lavoro dei salariati nel giorno del riposo settimanale, era la questione).

 



 

Pure Giovanni Lindo Ferretti, vecchio amico di questo giornale, qualche settimana fa in un’intervista al giornale online del no-profit Vita.it ha commentato la partecipazione di Agnelli al talent show. “Almeno Manuel Agnelli per un po’ di tempo si prenderà un po’ di soldi. Più tu sei estraneo a quel mondo più diventi significativo per quell’ambiente nella misura in cui sei disposto ad entrarci”, ha detto Lindo Ferretti, effettivamente centrando il punto: i soldi. Il mercato. L’idea che per sopravvivere, un artista, possa sfruttare qualunque vetrina possibile: Morgan era stato assolto dall’accusa perché, per qualche ragione, era riuscito a convincere i critici di non aver tradito la sua arte firmando i contratti di Sky. La stessa polemica che oggi colpisce Agnelli era scoppiata quando sul palco di “X-Factor”, come giudice, era arrivato Elio delle Storie Tese. Ma nell’immaginario del critico collettivo, i due hanno ruoli diversi: Elio fa parte di una generazione di musicisti dell’élite, ma non impegnati. Gli Afterhours, invece, sono sempre stati collocati in quell’angolo buio dei prodotti “di cultura”, fatta di Concerti del Primo Maggio e impegno sociale.

 

A Manuel Agnelli, però, quel tipo di cultura non è mai piaciuta. Basta leggere i testi delle canzoni degli Afterhours (rinunciamo a citarne uno su tutti: un veloce sondaggio tra foglianti ha dimostrato che ognuno ha il suo verso preferito), leggere le reazioni di alcuni quando Agnelli si disse favorevole all’Expo di Milano, cercare su internet le sue interviste, nelle quali se la prende con i detrattori della libertà d’espressione, con Papa Francesco quando dice che chi gli insulta la mamma si merita un pugno. Quando a Mucchio Selvaggio ha detto: “Gli intellettuali, i designer, gli architetti, tutti quelli che ti dicono che non vanno in televisione per difendere la cultura. Certo, la televisione è molto volgare: chi lo nega? Ma questi sono in cattiva fede, difendono la cultura solo e unicamente perché vogliono controllarla… Cosa fa la sinistra da molti anni a questa parte? Questa non è cultura, è un club, è una gabbia”. Nei modi ricorda più il Franco Battiato che a Malcom Pagani, in un’intervista del 2015 al Fatto, parlava di gentilezza, e di sobrietà, perfino nelle critiche. Chi abbia visto anche solo cinque minuti della nuova edizione di “X-Factor” nota subito questo, di Agnelli: la gentilezza, l’eleganza, e l’estraneità “magnetica” (copyright Maurizio Caverzan).

 

Lindo Ferretti ha fatto il suo mestiere. Dal suo eremo di Cerreto Alpi, nell’Appennino tosco emiliano, ha detto che i talent sono l’espressione della modernità (“è un mondo che esiste e ha una sua dignità, parallelo a centomila altri mondi”) e che “chi è nato negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta immaginava la musica molto meglio. Era disposto a riconoscere alla musica molti più pregi di quanti la musica ne abbia”. Nell’ultima puntata di “X-Factor” hanno mandato in onda i provini di alcuni ragazzi appassionati di K-Pop, il pop coreano, che vende tanto, tantissimo in Asia. Agnelli ha mandato a casa tutti dicendo: non credo che il pubblico italiano abbia bisogno di questo. E’ più ricco, ma non si è tradito.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.