Thomas Piketty

Il narciso Piketty trova scuse all'islamismo, il molesto Zizek gli propone l'alleanza contro il capitale

Giulio Meotti
L'economista torna a parlare di "integrazione asimettrica" dei migranti mentre il guru del neomarxismo parla di una nuova lotta di classe

Roma. Dopo le stragi di Parigi del 13 novembre, Thomas Piketty teorizzò che la Mezzaluna che va dall’Egitto all’Iraq, il bacino di reclutamento dei terroristi, è “la regione più diseguale del pianeta”. Poi qualcuno fece notare al novello Karl Marx che, per dirla con l’autore del vero “Capitale”, il povero non ha da perdere che le catene, mentre il jihadista è un tizio pasciuto che si impegna a tempo pieno per rovesciare la società occidentale che lo ha nutrito (ieri, a Parigi, la polizia ha arrestato due sospetti che avevano abbandonato un’auto piena di bombole di gas accanto alla cattedrale di Notre Dame). A marzo, dopo l’attacco a Bruxelles, Piketty ha trovato un’altra scusa per i figli della banlieue: “Integrazione asimmetrica”. “I figli degli immigrati rimangono vittime della disoccupazione e non accedono agli stessi posti di lavoro come gli altri. E’ possibile parlare di islamofobia? Certamente”. Piketty propose “quote di lavoro per i ceti più svantaggiati”.

 

Adesso, sempre dal Monde, Piketty ipotizza un’altra scusa: “Segregazione”. “Nelle scuole socialmente più esclusive non ci sono studenti svantaggiati”, scrive l’economista francese. “All’altro estremo, alcune scuole hanno più del sessanta per cento di studenti svantaggiati”. Piketty propone “norme ugualitarie” per l’assegnazione degli studenti e trasporti pubblici misti obbligatori. Contro Piketty si è schierato la ministra dell’Istruzione, Najat Vallaud-Belkacem, per la quale l’integrazione non può essere imposta in maniera “autoritaria”. A smentire il keynesismo applicato al terrorismo ci pensano i dati sui combattenti stranieri dell’Isis. Il Belgio, con 39,4 partenze ogni milione di abitanti, è al primo posto, seguito da Danimarca (26,7 partenze), Svezia (18,8), Francia (18,3) e Austria (17). Ovvero i cinque paesi dove la spesa pubblica in rapporto alla ricchezza nazionale è fra le più alte.

 

La Spagna, dove la disoccupazione giovanile è al 48 per cento, ha registrato pochissimi jihadisti per milione di abitanti. Quattordici volte meno della Danimarca, dove la disoccupazione è all’11 per cento. Oltre a Piketty, a cercare scuse per il terrorismo ci pensa Slavoj Zizek, guru del neomarxismo che ha appena scritto un libro dal titolo edificante: “La nuova lotta di classe” (Fayard). Zizek sostiene che gli immigrati hanno un “desiderio impossibile”, il desiderio capitalistico, e che questo “se non viene soddisfatto diventa odio omicida”. I nuovi proletari (“precari, studenti disoccupati, un miliardo di persone che vivono in bassifondi”) si alleino con gli immigrati nella comune “lotta contro il colonialismo occidentale”. Al Baghdadi non potrebbe essere più d’accordo con Zizek quando scrive che “il peggior terrore staliniano è preferibile alla migliore democrazia liberale”. Su questo sarebbe d’accordo anche Jean-Marc Rouillan, il capo dei brigatisti di Action directe, condannato ieri a otto mesi di carcere per aver salutato “il coraggio con cui i terroristi del 13 novembre hanno combattuto”.

 

Pierre-Antoine Delhommais, in un articolo sul Point, definisce Piketty “utile idiota del terrorismo” e Bernard Stiegler “l’emiro bianco del pensiero economico radicale” per aver scritto sul Monde che “questa guerra è economica e fa vittime tra cui me, che non riesco a dormire la notte non a causa di terroristi, ma a causa della mancanza di posti di lavoro futuri per i miei figli”. Conclude Delhommais che “non è solo verso i valori morali dell’occidente che l’Isis coltiva un odio mortale. E’ anche verso i suoi ‘valori’ economici: libertà d’impresa, progresso, società dei consumi, capitalismo”. E su questi, il califfo iracheno, il marxista sloveno e il guru della Rive Gauche sembrano pensarla allo stesso modo. D’altronde, si sa, c’è un ottimo welfare state a Raqqa.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.