Margaret Qualley nello spot Kenzo World

La rivoluzione che non c'è nel nuovo spot di Kenzo

Simonetta Sciandivasci

Il riscatto del genere femminile, che vuole uscire dallo stereotipo della donna oggetto del corteggiamento maschile, se passa dallo spot di un profumo, è una contraddizione in termini.

Le seduzioni e la sensualità di prima se ne sono andate e quando una ragazza lascia la tavola durante un party di gala, non lo fa per andare a incipriarsi il naso, né perché le scade l'incantesimo, né tantomeno per farsi rapire, circuire, possedere, idolatrare da un maschio. Tutte cose che accadevano tantissimo nelle favole e nelle pubblicità dei profumi, fiancheggiando quella "cupidigia maschile cui le donne sono costrette ad arrendersi nel corpo e nello spirito" (dall'Angelus del 15 agosto di Papa Francesco) e quella idea per cui il desiderio di una donna sia sempre appendice di quello di un uomo, due malandati pilastri di un passato in rovina che la realtà, stanca di esserne retta e condizionata, spinge per ridurre in macerie.

 

Stavolta il disruptor, lungi dall'essere un angelus del Papa o una qualunque delle centinaia di battaglie contro il gender gap e gli stereotipi sessisti, è proprio la pubblicità di un profumo, il Kenzo World (la nuova fragranza di Kenzo, appena lanciata sul mercato statunitense, in Italia arriverà tra un anno esatto), che sta sbalordendo, esaltando e rinfrancando il mondo da due giorni, spopolando sui social network. Lo spot si è guadagnato una attenzione che, occorrendo l'obbligo pol. corr. della sobrietà, giornalisti e osservatori da tempo non osavano dare alla creatività patinata a servizio della moda. A Spike Jonez, il regista furbescamente mattoide di “Essere John Malkovich” e di moltissimi videoclip ormai iscritti nell'iconologia musicale contemporanea, è stato affidato il plot che, in 3 minuti e 48 secondi, ha polverizzato i refoli delle belle addormentate nel bosco, aprendo la strada alle amazzoni e agli "spiriti liberi" (cui la maison dice di dedicare il nuovo profumo).

 



 

Siamo a una festa di gala e una splendida ragazza (Margaret Qualley, attrice e modella) dall'aria indifesa e imbalsamata, con addosso un vestito verde assenzio, si allontana dal tavolo, scusandosi. Appena esce dalla sala, versa una lacrima: di estenuazione, di cesura, di noia, di malinconia? Chissà. La lacrima non fa in tempo a solcarle tutto il viso, quando qualcosa sembra attraversarla. Parte "Mutant Brain" di Sam Spiegel (fratello di Spike) e lei si dimena. Improvvisamente, è una scalmanata ragazzaccia che fa boccacce alla telecamera e agli specchi, una ballerina ubriaca che corre, salta e balla da sola, assai più pazzamente di Liv Tyler, senza nemmeno una concessione alla morbidezza sensuale che ecciterebbe lo sguardo maschile.

 


Margaret salta e balla da sola, assai più pazzamente di Liv Tyler nel film "Io ballo da sola"


 

Dura, comica, folle, ragazzina e pure pericolosa: quando incontra un tizio, che sta parlando al telefono per conto suo, lo aggredisce senza ragione, lo lascia per terra e poi se ne va a fare la punk su un busto. Tanto bella, nel suo rapimento mistico e sensuale da fare urlare al menadismo e alla possessione gli utenti di social di mezzo mondo. Errore: le baccanti non ballavano da sole. Le baccanti dovevano risvegliare la natura, servivano Dioniso. Stavano dentro un paradigma che il video di Spike Jonez fa a pezzi, quello del destino femminile predeterminato dalle scelte maschili, oltre che da quelle del cosmo. Soprattutto, le baccanti non avevano superpoteri. Margaret, invece, li ha: dalle sue dita escono laser che fanno a pezzi vasi, cornici, battitappeto.

 

Nel gran finale, Margaret abbandona l'edificio e, pazza pazza, pazza su una terrazza, si tuffa in un enorme occhio fatto di fiori. Lo attraversa e ne esce intatta, con uno sguardo nuovo, pulito dalle lacrime, dalla timidezza, dallo straniamento di quel ballo convulso. Acceca l'occhio della trasparenza, del gossip, dei canoni, della moda. Al mondo la sua sembra la vendetta perfetta. Il riscatto del genere femminile. Il kit definitivo e indispensabile contro la violenza di genere ("è meglio dello spray al peperoncino", hanno scritto su Twitter) con una importante indicazione d'uso: salvatevi da sole, azzannate da sole. Il “fuck off” alle convenzioni. La fine della bellezza asservita al corteggiamento e accostata alla bellezza angelicata.

 


Margaret abbandona l'edificio, "pazza pazza, pazza su una terrazza" come nella canzone di Raffaella Carrà



Ma il tuffo nell'occhio è un accecamento che, come è stato da Sofocle in poi, regala la vista di un'intimità profonda col mondo e col suo destino a cui non si accede se non smettendo di vedere, come era stato per Edipo e Tiresia. Ed è di uno sguardo cieco, pulito dai sensi, che chiama inevitabilmente alla sensualità, che le donne, adesso, sono affamate in modo così prepotente che a dirlo in modo chiaro è la pubblicità di un profumo. Che rivoluzione.