Vittorio Sermonti

Pagina 69

Dire che “l'opera ultima” di Sermonti è un romanzo rasenta l'inganno

Mariarosa Mancuso
La pagina 69 del candidato allo Strega Vittorio Sermonti parla di stupri e quasi di nient’altro. Stupri di guerra, ricaviamo dal risvolto di copertina, che fa partire il memoir dal maggio 1945, con l’irruzione dei partigiani in un villino di Milano a caccia di un ufficiale della Repubblica Sociale.

La pagina 69 del candidato allo Strega Vittorio Sermonti – per ordine di arrivo in cinquina tocca a lui il carotaggio letterario inventato Marshall McLuhan – parla di stupri e quasi di nient’altro. Stupri di guerra, ricaviamo dal risvolto di copertina, che fa partire il memoir dal maggio 1945, con l’irruzione dei partigiani in un villino di Milano (zona vecchia Fiera Campionaria) a caccia di un ufficiale della Repubblica Sociale. Ne seguirà uno scambio di opinioni e non una sparatoria. Romanzescamente, siamo dalle parti di Javier Cercas e del suo bestseller “I soldati di Salamina”: la storia di Rafael Sanchez Mazas, fondatore della Falange Spagnola che ebbe salva la vita grazie alla “distrazione” di un soldato repubblicano.

 

Il titolo “Se avessero” suggerisce un controfattuale, alla Philip Dick in “La svastica sul sole”: cosa sarebbe successo se i nazisti avessero vinto la guerra. O l’indagine su una realtà parallela. Non in questa pagina. Il traduttore, saggista, insegnante di lettere classiche e di teatro, commentatore e lettore della Divina Commedia dantesca – anche nel senso della lettura ad alta voce, con gran successo in radio e in pubblico – rievoca invece i tempi andati, con le loro urgenze. “E allora, se la buona educazione ci ingiungeva un un ruolo timido e reticente, si dica pure il proverbiale ruolo di maschiacci in agonia di desiderio, altro non eravamo che stupratori solitari, ma stupratori eravamo e restavamo”.

 

“Opera ultima” – fa sapere lo scrittore, nato a Roma nel 1929. Da qui la sincerità: “Se ti veniva duro, e a me non faceva che venirmici, lui era lì pronto per tutte cioè anche per quelle che non lo sapevano e non lo avrebbero voluto”. Sincerità ben scritta, anche nel piccolo campione a disposizione, cosa che non sempre registriamo nei memoir. L’etichetta di “romanzo”, che l’editore Garzanti mette in copertina, rasenta l’inganno. Del resto l’Italia non è mai stata una nazione di romanzieri: grandi poeti e grandi prosatori, ma le trame e i personaggi d’invenzione son rari. Saltiamo a pagina 99, la prova del nove suggerita dal romanziere Ford Madox Ford. E tutto si conferma, ora parlando di famiglia. Sia il gusto di curiosare nelle faccende altrui – siamo tutti voyeur, praticare il vizio sulla carta elimina le parti noiose – sia la scrittura vivace. Il futuro letterato era bravissimo in matematica, per non deludere il genitore smise di studiare e scivolò sotto la sufficienza. Adeguandosi al modello base dello scrittore italiano, che non sa le tabelline e se ne vanta.

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