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Così Twitter si affida alla sura del cinguettio moralmente corretto

Giulio Meotti
Per assicurare “la sicurezza degli utenti”, ovvero proteggerli da pensieri e parole scorrette (islamofobi, omofobi, migrantofobi…), il ceo di Twitter Jack Dorsey ha pensato bene di creare un gruppo di consulenza interno all’azienda e dal nome inquietante: “Consiglio per la fiducia e la sicurezza”. Come la saudita “prevenzione del vizio”. Mancano le frustate.

Roma. La rivista libertaria Reason lo paragona al “Ministero della Verità” di George Orwell. Per assicurare “la sicurezza degli utenti”, ovvero proteggerli da pensieri e parole scorrette (islamofobi, omofobi, migrantofobi…), il ceo di Twitter Jack Dorsey ha pensato bene di creare un gruppo di consulenza interno all’azienda e dal nome inquietante: “Consiglio per la fiducia e la sicurezza”. “Per assicurarci che le persone possano continuare a esprimersi liberamente e in sicurezza su Twitter, dobbiamo fornire più strumenti e politiche”, ha detto Dorsey. “Con centinaia di milioni di tweet inviati ogni giorno, il volume di contenuti su Twitter è massiccio e richiede una comunità di esperti che lavorino per la sicurezza e la libertà di espressione”. In teoria si tratta di un organismo teso alla preservazione della libertà di parola, in realtà è totalmente a favore della censura. Ha scritto Mike Hume nel suo libro “Trigger Warning” che “oggi il problema più urgente non sono i sostenitori vecchio stile della censura, come le chiese o i conservatori. Né la censura di stato ufficiale in nome della sicurezza nazionale.

 

Invece, la minaccia più insidiosa di oggi viene da una censura non ufficiale, da quegli attivisti che chiedono la fine del discorso offensivo e odioso. Sono i ‘Twitter-mob’ e i firmatari online il cui slogan è ‘you-can-not-say-that’. Quando lo stato censura, oggi si trova normalmente a farlo in risposta alle loro richieste. Essi sostengono, naturalmente, che non sono contro la libertà di parola, ma che vogliono proteggere i ‘più vulnerabili’”. A questo profilo corrispondo appieno molte delle quaranta organizzazioni invitate da Twitter a far parte del nuovo organismo. Fra queste, Feminist Frequency, l’associazione femminista fondata da Anita Sarkeesian. Qualcuno ironizza che “la nomina di Sarkeesian a capo di un consiglio sulle regole del linguaggio è come assumere Bernie Madoff come commercialista”. Su Twitter, le femministe possono fare davvero male. Basta chiederlo a Tim Hunt, Premio Nobel per la medicina, la cui carriera e reputazione sono state letteralmente distrutte a forza di falsi cinguettii contro il suo “machismo”.

 

[**Video_box_2**]C’è il Dangerous speech project, legato al finanziere ultra liberal e un po’ apocalittico George Soros e alla sua Open society (Soros ha appena detto che “Putin è per l’Europa un pericolo più grande dell’Isis”…). Un altro membro è il Glaad, acronimo di Gay and lesbian alliance against defamation, notoriamente impegnato a restringere la libertà di parola quando si tratta di Lgbt. Al fianco del Walid institute islamico, dentro al nuovo organismo di Twitter c’è anche la Licra, l’associazione francese per i diritti dell’uomo che ha cercato – fra gli altri suoi servizi alla libertà di espressione – di confiscare “La rabbia e l’orgoglio” di Oriana Fallaci. Ammantato di rispetto per la privacy e i sentimenti degli utenti, il Consiglio per la fiducia e la sicurezza di Twitter ricorda tanto il Consiglio per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio dell’Arabia Saudita. Mancano solo le frustate.
Giulio Meotti

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  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.