Sanremo è finito alle 20,20, prima che Curreri ammazzasse De Filippi

Maurizio Crippa

La performance del gelataio Conti con Campo Dall’Orto. La vincitrice Raffaele e il sosia di Elvis. Gli Stadio, o la resistenza delle storie contro la musica pvc.

“Uno che piscia da sotto in su

E tutti che cantano I love you”

 

Contrariamente a quello che può esservi sembrato – sia che foste ordinatamente impilati sul divano, impegnati nello zapping-salvavita sul partitone dello Stadium, sia che foste nel social-mondo o aveste scelto di essere liberi, via, lontano da qui (din: “Scusaaaa, sono a una cena già ubriaca”, l’angelo di WhatsApp). Contrariamente alle vostre impressioni, dicevamo, il Festival di Sanremo 2016 è finito poco dopo le ore 20, nel corso del Tg1. E’ finito quando nel “notiziario della rete ammiraglia” (ops) è apparso Pippo Baudo, pardon Carlo Conti, intento a reggere il gelato (tecnicismo per “fare un intervista video senza chiedere niente”) a Campo Dall’Orto, il suo datore di lavoro, il quale parlava del lavoro di chi gli reggeva il microfono, e giudicava il prodotto finito del gelatiere, che muto annuiva. E una cosa così non s’era vista mai, alla Rai, nemmeno quando c’era Fanfani con Bernabei. Sanremo era bello che finito, fosse mai iniziato del resto, nell’icona agghiacciante del padrone e del gelatiere, altro che Festival del Nazareno. C’era anche Vincenzo Mollica nell’inquadratura. Ma era girato di spalle, forse per la vergogna.

Contrariamente a quanto credete di sapere, Sanremo non l’hanno vinto gli Stadio, l’ha vinto Virginia Raffaele. Sono cinque giorni che lo dicono tutti, a mondi e social-mondi unificati, tranne forse Selvaggia Lucarelli, ma credo per invidia. Raffaele è brava, abbiamo capito. Ma, come sanno i lettori più fedeli del Foglio, anche Guia Soncini è brava. E già sul presto, ieri, @lasoncini ha twittato: “Pur di non fare la Boschi, la Raffaele s’è arresa a fare la Raffaele”. E direi che c’è tutto, sul finto coraggio di un Festival in cui qualsiasi contatto con la realtà è stato bandito, tranne la costante esibizione (ma muti, eh, nessuno dica cos’è) delle bindelle arcobaleno. L’anno prossimo alla Leopolda. Quanto a Raffaele, sarebbe stato bello vederla alle prese con la Boschi, almeno quanto un tempo Paola Cortellesi faceva a pezzi una Letizia Moratti. Raffaele s’è occupata solo di personaggi della fiction, che non esistono. Esiste una differenza tra fare le imitazioni e vestirsi da sosia, come quelli che vanno ai festival di Elvis, ma non vorremmo tediarvi con Roland Barthes e affini, e vi rimandiamo alla bibliografia.

Ma già che siamo a finto contro vero, il Festival l’hanno vinto gli Stadio di Gaetano Curreri. E, malinconico jannacciano che sono, li avevo messi subito tra quelli “che ritornano e non se lo possono permettere”. Mea culpa. Però, jannaccianamente affezionato alla sincerità poetica delle cose, avevo poi detto che era giusto avessero vinto loro la sera delle cover. Perché loro hanno una loro storia da raccontare, Dalla o non Dalla, mentre Scanu, Scanu, fa la cover di che? E insomma, che il Festival che era già finito sul Tg1 alle 20, 20 l’abbiano vinto i più vecchi, ma proprio i più vecchi (Patty Pravo è un ideogramma atemporale, va solo adorata come le statuine shintoiste), dice due cose. Quella minore: che l’Italia nazarenica e dei social-mondi alla fine ha sempre bisogno di qualcuno che s’è ribellato alla rottamazione: fatevi delle domande. Quella maggiore: che tra mondo irreale e passatista dei divani e social-mondo reale, ha vinto il primo. E soprattutto Gaetano Curreri con gli Stadio hanno ucciso Maria De Filippi. Perché è questo, alla fine: tra dieci anni Annalisa, Noemi, Fragola saranno pvc ingiallito. Gli Stadio saranno ancora gli Stadio.

Super ospiti. Bolle ha ballato We will rock you dei Queen. E sul momenteo dici, wow, che idea. Poi ci ripensi e dici: il rock e Bolle, ma che cazzo di idea è?

Poi sono orgoglioso che siano arrivati terzi i nuovi Minghi e Mietta, che non mi ricordo mai come si chiamano ma lo sa Annalena (che anche lei c’aveva visto giusto, brava). Io, che andavano bene l’avevo addirittura tuittato (maddai? sei su Twitter?), perché piacciono alle mamme, e se piaci alle mamme a Sanremo vai bene.

Del talento pronto ad emergere di Francesca Michielin, che è bella come vorresti avere una figlia, mi aveva avvisato il mio angelo custode inviato su WhatsApp, che altrimenti me la sarei persa proprio senza remissione: “E questa che fa Battisti chi è?”. “Ahaha! Francesca Michielin, X Factor. Uno dei primi di Sky”. Ecco cosa vuol dire vivere nel mondo reale, e sapere tutto. E infatti le uniche e le sole notazioni acute o pertinenti che avete trovato qui, parlando coi limoni, sono di Giulia Pompili. Rose rosse per te.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"