I finalisti sul paco prima dell'annuncio del vincitore (LaPresse)

Diario (musicale) del Festival

Il Festival finisce tra applausi, musica e troppo poco silenzio

Mario Leone
Vincono gli Stadio, che riscattano l'ultimo posto del 1984 e si aggiudicano anche il premio della sala stampa. Seconda Francesca Michielin. Non sembra vero, ma Sanremo è finito anche quest'anno.

Non sembra vero ma siamo alla serata finale del Festival. Passerella per Francesco Gabbani vincitore tra i giovani; intervista da New York per Il Volo, vincitori di Sanremo 2015, e prima verità uscita dalla bocca di Carlo Conti: “Come fa la vostra canzone che ha vinto l’anno scorso?”. Dubito che si ricordi in giro il titolo, figuriamoci la melodia. Miracolata Irene Fornaciari. Sul palco balla Roberto Bolle sulle note di “We Will Rock you”. Nulla da dire se non fosse per Conti che per caricare il pubblico annota che “Per la prima volta la danza classica incontra il pop”. Falso. La novità di questa sera sono i video di incoraggiamento di personaggi famosi che introducono i cantanti in gara, che ahimè servono solo a prolungare una serata di dimensioni bibliche. Clementino canta nell’intervallo della partita Juve-Napoli mostrandosi più sgolato e banale di un coro da stadio.

La Patty nazionale litiga con il microfono prima di iniziare la sua performance, stona più del solito ma continua a piacerci perché ha quello che gli altri non hanno: è originale e non scimmiotta nessuno. Scarica la performance di Lorenzo Fragola che ha difficoltà anche nei semplici cambi di tonalità. Quando ascoltiamo Noemi e Rocco Hunt aspettiamo ansiosi un tweet del Cardinal Ravasi che ci spieghi meglio la “Borsa di una donna” ma soprattutto ci illumini se, con fervide preghiere, si possa fare qualcosa per il neomelodico rapper Rocco,  che trova soluzioni fumanti ai problemi della vita.

Elio e le storie tese, per concludere una settimana di pura poesia, mettono nel mirino i KIϟϟ e si presentano nella serata finale con i costumi di scena della band hard rock statunitense. Vincitori per manifesta superiorità.



Tra un salto e l’altro per controllare il sabato calcistico e un caffè per mantenerci svegli, canta Arisa che ha una cifra vocale definita ed è intonata: inizia a far capolino il dubbio che possa arrivare sul podio. Anche Annalisa ha le caratteristiche per avere successo a Sanremo (pena poi cadere nell’oblio); ascoltando bene però l’incipit della sua canzone ci viene in mente quello di “Sei bellissima” della Bertè.

 

La Juve vince contro il Napoli e a all’Ariston si alternano gli ospiti musicali della serata: Cristina D’avena e Renato Zero. Sulla prima si è detto tutto qui, sul secondo ricompaiono gli spettri degli altri Zero, quelli Assoluto. Renato spara in un medley i suoi cavalli di battaglia, sorcini in visibilio che non badano ai puntuali scivoloni vocali. Qualcuno su twitter lo definisce (senza scherzare) il David Bowie italiano. Meglio chiudere Twitter perché si sta esagerando. Chiuso un televoto se ne apre un altro. I tre finalisti, Stadio, Francesca Michielin e il duo Caccamo – Iurato, si esibiscono nuovamente sino alla proclamazione finale. Vincono gli Stadio che bissano la vittoria nella serata cover e si aggiudicano anche il premio della sala stampa e per la miglior musica. Un plebiscito che riscatta quell’ultimo posto al Festival del 1984.

Il Festival finisce tra applausi, lacrime, numeri, fiumi di parole e ancora parole. Canzoni ripetute continuamente. E invece servirebbe solo il silenzio. Quello che solo la buona musica riesce a provocare. Ma al Festival non accade. Ecco la differenza.