Attenti, le unioni civili hanno serie conseguenze culturali e sociali

Giovanni Maddalena
Per un principio di prudenza, invece di una legge affrettata, sarebbe meglio confrontarsi sulle conseguenze sociali in senso ampio di certe scelte (soprattutto quelle che riguardano i bambini) laddove leggi simili sono state approvate, e cercare di creare spazi pubblici per pensare a quale bene vogliamo per l’intera società sospingendo l’una o l’altra versione di libertà.

Giusto parlarne senza ideologie. Il caso delle unioni civili tra persone dello stesso sesso è importante perché la comprensione di se stessi e della società dipende più dai “gesti”, dalle azioni che incarnano le concezioni, che non dai trattati teorici. Non solo, approvare o non approvare significa poi praticare certi gesti, e il ripeterli ingenera nuovi significati. Dunque, indispensabile parlarne provando a ragionare.

 

Per togliere le ideologie, iniziamo con lo sgombrare il campo dagli insulti: non ci sono mostri, né mostri razzisti che vogliono limitare l’affetto di qualcuno riducendolo a cittadino di serie B né mostri nazisti in cerca di soluzioni eugenetiche. O, meglio, ci saranno gli uni e gli altri, ma non si tratta affatto della maggior parte di coloro che sentono il problema politico di questo disegno di legge.

 

Allo stesso modo toglierei di mezzo i vari ragionamenti fallaci del tipo “tanto ormai va così” o “è quello che fanno tutti i paesi europei”. Come si vede dal referendum sloveno (non pubblicizzato come quello irlandese, sebbene le popolazioni non fossero numerose in entrambi i casi) le cose possono anche andare diversamente. Per non parlare del fatto che la storia può poi smentire le mode: anche il marxismo sembrava essere ormai l’unica opzione negli anni Settanta e il multiculturalismo relativista negli anni Novanta. La storia cambia perché essere umani liberi e responsabili vi operano.

 

Per come la vedo io, ci sono due problemi seri nel caso delle unioni civili dello stesso sesso: un problema sociale e uno culturale. Quello sociale è presto detto: posta l’adeguata difesa dei diritti del singolo, spesso già difesi da molte leggi ed eventualmente integrabili, perché equiparare forme di unione che hanno peso molto diverso per la società? Le unioni eterosessuali rimangono comunque, per ragioni di natura, il fattore elementare perché una società vada avanti riproducendosi. Che la società non equipari il trattamento di istituti molto diversi, difendendo le persone e i loro interessi ma proteggendo in modo differente tipi di associazione con responsabilità sociale diverse, è quanto avviene in tutto il nostro diritto dove una ditta individuale non ha gli stessi diritti e doveri di una Spa. In una società la giustizia non può essere un’uguaglianza senza differenze, che fa finire ogni bene alla mercé del mercato, come ha messo ben in luce, da sinistra, Michael Walzer.

 

[**Video_box_2**]Più a fondo, però, c’è una questione culturale che, eliminati gli spettri di mostri da ogni parte, non bisogna occultare, perché ovviamente un diritto assoluto varrebbe a prescindere dall’impatto sulla società. Qui si gioca il contrasto fra una cultura di liberalismo radicale, che per qualche motivo non del tutto cogente è sposata spesso dalle sinistre (che dovrebbero essere più sensibili delle destre al fattore sociale, come ha scritto intelligentemente Fusaro) e una cultura conservatrice. La prima sottolinea l’autonomia dell’individuo come sorgente assoluta di valori e libertà, l’altra considera la persona come parte di una realtà che non può cambiare a proprio piacimento e che è libera quando rispetta tale realtà. La prima tende a considerare ciò che è nuovo, spontaneo, autonomo come buono in quanto affrancamento da legami oppressivi, l’altra a salvare ciò che viene ricevuto dalla tradizione, come parte di una realtà da cui si dipende. E’ l’antica lotta tra due concezioni di libertà, che va avanti dall’illuminismo e che è il vero tema degli ultimi anni. Qualche volta ha avuto ragione la prima (la celebre battaglia per i diritti di Martin L. King), altre volte la seconda (il multiculturalismo relativista di cui sopra). Come direbbero i pragmatisti americani, è il tempo, in the long run, che decreta l’abito di azione convincente e vincente.

 

Per un principio di prudenza, invece di una legge affrettata, preferirei mettere un po’ di studiosi a confronto sulle conseguenze sociali in senso ampio di certe scelte (soprattutto quelle che riguardano i bambini) laddove leggi simili sono state approvate, e cercare di creare spazi pubblici – anche nei partiti – per pensare a quale bene vogliamo per l’intera società sospingendo l’una o l’altra versione di libertà. E nel frattempo, promuovere innanzi tutto una legislazione completa di aiuto alle famiglie e alle unioni eterosessuali (27 milioni di persone), valore sociale consolidato. Certo, ciò vorrebbe dire dare tempo al tempo, al pensiero e alla ricerca, al dialogo forte fra idee e ideali, un’opzione politica che distingue le personalità che pensano al bene comune prima che alle prossime elezioni. Speriamo che in Parlamento ce ne sia qualcuna, non importa se progressista o conservatrice.

Di più su questi argomenti: