La Francia scopre il terrore di criticare l'islam

Mauro Zanon
"Ho deciso che il mio libro sull'islam è bene che non esca in Francia. Nel mio paese non è più possibile discutere serenamente di questa religione". La clamorosa decisione dello scrittore francese Michel Onfray svela il lato oscuro della polizia del pensiero culturale

Parigi. Come lo è stato “Soumission” di Michel Houellebecq per il 2015, “Penser l’islam” di Michel Onfray, saggio annunciato come molto critico nei confronti dell’islam, era destinato a essere per il 2016 il libro-evento della rentrée letteraria parigina. Ma venerdì, attraverso il suo editore Grasset, il filosofo libertario autore del “Trattato di ateologia”, ha reso nota la sua decisione di non pubblicare il libro: “Convinto che nessun dibattito sereno sia più possibile in Francia a proposito dell’islam nell’attuale contesto, rinuncio a pubblicare ‘Penser l’islam’ come previsto nel mese di gennaio 2016”, ha indicato Grasset riprendendo le parole di Onfray, Tuttavia, ha precisato l’editore, “il suo libro uscirà all’estero”.

 

“La decisione di rinviare sine die la sua pubblicazione in Francia”, come evidenziato nel comunicato ufficiale, la dice lunga sullo stato del dibattito sull’islam nel paese che ospita la più grande comunità islamica d’Europa, su quanto sia difficile uscire dal pantano pol. corr. che in Francia impedisce di guardare in faccia la realtà. Come voleva fare Onfray, appunto, in questo saggio composto da un dialogo articolato con la giornalista algerina Asma Kouar e una digressione intitolata “Puissance et décadence”, sull’Europa, i suoi valori e il suo destino. “Citando numerose sure e confrontando le interpretazioni, pone i musulmani dinanzi alla realtà di un testo che, accanto a slanci sublimi, dà ugualmente spazio alla crudeltà, all’odio per le donne, allo spirito di conquista”, scrive l’editore nella pagina di presentazione del libro. Già quando uscirono le prime indiscrezioni sull’uscita di un saggio duro nei confronti dell’islam scritto da Onfray, ci furono grandi schiamazzi da parte di certa stampa benpensante. Che non aveva perdonato a Onfray le reiterate critiche al grande partito dell’anti islamofobia, all’“islamofilia irenista” di quella gauche che si balocca nell’illusione che l’islam sia “una religione di pace, tolleranza e amore”, si rinchiude nelle sue certezze apodittiche e distribuisce patenti a chi può parlare e chi no di determinati temi.

 

“Il ne faut pas avoir peur du réel”, ha sempre ribattuto Onfray ai gendarmi del pensiero che si trovava di fronte durante i dibattiti televisivi. Gli stessi che ora magari gioiscono per la rinuncia di Onfray, il “traditore”, colui che dal novero dei presentabili, dopo la prima pagina di Libération con il suo faccione e l’accusa di spianare la strada al Front national, è ufficialmente uscito. La decisione presa dall’ateo edonista che fece infuriare i freudiani quando ne “Il crepuscolo di un idolo” trattò il padre della psicoanalisi come un “impostore”, nasce anche da alcune sue ultime uscite che lo hanno spinto a voler chiuder il suo profilo Twitter. Due giorni dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi, Onfray commenta così in 140 caratteri: “Destra e sinistra che hanno seminato la guerra a livello internazionale contro l’islam politico raccolgono a livello nazionale la guerra dell’islam politico”. Si scatena subito il putiferio, e sui social Onfay è sommerso di accuse, come quando nel giugno 2014 si chiese dove fosse la grande manifestazione dei musulmani d’Europa per dissociarsi dall’islam in nome del quale Mehdi Nemmouche (il terrorista del museo ebraico di Bruxelles) aveva commesso una strage.

 

[**Video_box_2**]“Ne ho abbastanza che i miei tweet siano considerati più importanti dei miei libri. Ho preso la decisione di chiudere il mio account Twitter. Voglio ritornare alla mia scrivania. Commentare i commenti, non mi interessa”, ha dichiarato il filosofo francese al Point. Attualmente, il suo profilo è ancora consultabile. Forse cambierà idea, ma poco importa. Resta la rinuncia alla pubblicazione, resta questo pericoloso passo indietro che si iscrive nella scia dei vignettisti di Charlie Hebdo e nella loro scelta di non disegnare più Maometto.  Pensare l’islam? Impossibile oggi in Francia.

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