Il regista Quentin Tarantino

Tarantino prende la scorciatoia della “supremazia bianca” per zittire tutti

Fra poliziotti “assassini” e conformismo liberal. L’antefatto è la manifestazione di New York in cui il regista ha detto che i poliziotti sono “assassini” e che “chi commette un omicidio va chiamato con il nome che merita”.

New York. Quentin Tarantino è passato dalla comparsata in piazza alla crociata contro la “supremazia bianca” nel giro di qualche giorno. Le celebrity che a vario titolo abbracciano le cause liberal sono parte di un fenomeno codificato e sempreverde, l’inossidabile Prince ha pure scritto una canzone sulla brutalità della polizia di Baltimore, ma in conformità ai suoi principi cinematografici Tarantino ha portato l’attivismo al parossismo. L’antefatto è la manifestazione di New York in cui il regista ha detto che i poliziotti sono “assassini” e che “chi commette un omicidio va chiamato con il nome che merita”. Per quella che ha definito una “sfortunata coincidenza” la manifestazione è avvenuta giusto quattro giorni dopo che un agente è stato ucciso con un colpo di pistola alla testa da un sospetto in fuga su una bicicletta a East Harlem. Il poliziotto si chiamava Randolph Holder, ed era afroamericano. La polizia di New York non ha preso bene la manifestazione di Washington Square Park in cui l’accostamento più cauto suggerito dalla folla è stato quello fra poliziotti e terroristi, e ha sparso la voce fra i ranghi di boicottare il regista disertando il suo nuovo film, “The Hateful Eight”, ma anche rifiutandosi di fornire servizi per la sicurezza stradale nelle prossime produzione di Tarantino. Notando che giusto qualche settimana fa la polizia di Los Angeles è intervenuta con professionalità per allontanare un intruso penetrato nel giardino di casa Tarantino, un agente anonimo ha detto che continueranno a rispondere alle sue chiamate, anche se è “un idiota”. La polemica poteva anche finire così, con una manifestazione convocata con tempismo rivedibile e qualche eccesso verbale da ambo le parti, ma Tarantino ha voluto spiegare le sue ragioni in modo diffuso e all’anchorman di Msnbc Chris Hayes ha detto che è il problema è la “supremazia bianca”, affermazione vera anche se il poliziotto ucciso all’origine della polemica era nero.

 

Tarantino ha spiegato che quando parla di omicidi si riferisce a circostanze specifiche, come la morte di Eric Garner e Sam DuBose, che sono tuttavia riconducibili a un movente razziale comune. Il problema, dunque, non sono i poliziotti, non sono gli armamenti eccessivi, non sono le leggi che favoriscono gli agenti, non sono le regole d’ingaggio, non è la complicità della magistratura: queste non sono che conseguenze sistemiche della supremazia bianca, morbo particolarmente diffuso fra le forze dell’ordine e chiave ideologica che apre qualunque porta. Il regista è rimasto piuttosto sorpreso quando qualcuno ha protestato contro l’uso disinvolto delle accuse ai poliziotti: “Credevo di essere un americano e di essere protetto dai diritti del Primo emendamento, e che non fosse un problema partecipare a una manifestazione contro la brutalità della polizia”. E il problema in effetti non c’è,  almeno per chi di cognome fa Tarantino e protesta contro la supremazia bianca. Giusto la settimana scorsa due commentatori televisivi, Raven-Symoné e Don Lemon, sono finiti al centro di petizioni e raccolte firme per il loro licenziamento per essersi espressi sul caso del poliziotto che in South Carolina ha trascinato in malo modo fuori dall’aula di una scuola una studentessa. La ragazza si rifiutava di lasciare la classe da sola, come l’agente le ha ripetutamente richiesto. Gli opinionisti non hanno difeso il poliziotto, ma non hanno immediatamente tirato in ballo la supremazia bianca, cosa che avrebbe garantito loro – come ha garantito a Tarantino – la simpatia dell’uditorio.

 

Symoné ha detto che “l’agente non ha diritto o ragione di agire in quel modo, ma allo stesso tempo gli studenti devono seguire le regole a scuola”. Alla Cnn il collega Lemon ha detto di non voler saltare subito alle conclusioni dopo aver visto soltanto uno spezzone di video che mostra il fatto ma non illumina necessariamente il contesto. Prudenza inaccettabile. Il capo della sezione locale della Naacp, la più importante associazione afroamericana, ha detto che “la razza è un fattore in questo caso”, e lo hanno ripetuto gli opinionisti, i politici, gli attivisti, lo ha ripetuto anche chi aveva qualche dubbio, chi voleva vederci chiaro ma non osava dirlo, e preferiva la scorciatoia tarantiniana della “supremazia bianca”.

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