Il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana (foto LaPresse)

Recensire il Corrierone che rivaluta il “sopire, troncare, troncare, sopire”

Renzo Rosati
Antidecisionismo sonnacchioso, dalla costituzione a Marchionne. Qual è il modo migliore per fare una riforma? Tipo quella del Senato? Il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, non ha dubbi: “Il percorso per cambiare le regole” (titolo dell’editoriale di lunedì) è che “si avvii una riflessione e un dialogo” (svolgimento).

Qual è il modo migliore per fare una riforma? Tipo quella del Senato? Il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, non ha dubbi: “Il percorso per cambiare le regole” (titolo dell’editoriale di lunedì) è che “si avvii una riflessione e un dialogo” (svolgimento). In quanto “è sempre un errore modificare la Costituzione e le istituzioni senza la più larga maggioranza possibile”, e dunque “è meglio coinvolgere davvero tutte le forze parlamentari, dal centrodestra ai Cinque stelle”.

 

Dopo siffatte perle, un lettore del giornalone che ama autodefinirsi della classe dirigente potrebbe porsi qualche dubbio: per formarsi un’opinione e per stare, come si dice, un passo avanti rispetto all’opinione corrente, perché non ascoltare anche i consigli della saggia nonna? “Copriti perché fa freddo”; per non parlare dei proverbi: “Chi va piano va sano e va lontano”. I grandi giornali con una propria linea di solito affidano a firme puntute opinioni spiazzanti e radicali, anche rispetto alla propria linea. Così il New York Times schiera l’anti austerity Paul Krugman, il Wall Street Journal il contrarian rigorista Kenneth Rogoff, il Financial Times lancia gli strali antimerkeliani dalla tastiera velenosa di Wolfgang Münchau. Anche il Corriere fino a qualche anno fa si portava avanti con Franco Modigliani, Giuliano Amato, Giovanni Sartori, Mario Monti: nessuno teorizzava dialogo e consenso come pratica riformatrice; due di loro, Amato e Monti, approdati a Palazzo Chigi modificarono la Costituzione con la maggioranza che avevano.

 

In Via Solferino domina l’accordismo universale ed ecumenico. Sempre lunedì, alle pagine dei commenti, oltre al giro direttoriale troviamo un’“Immigrazione / 1” di Andrea Riccardi: “Accogliere e integrare, la visione di Francesco”, e un’“Immigrazione / 2” del cattolico ministro degli Esteri polacco, Grzegorz Schetyna: “Senza una politica comune si spiana la strada ai populismi”. Camomilla a colazione. Ma torniamo al modo giusto di riformare il Senato, secondo Fontana. “Arrivarci con la promozione di una classe dirigente regionale che ha dato pessime prove, senza una forma di investitura popolare, è davvero poco comprensibile”. Uno potrebbe anche dire: giusto, allora aboliamolo il Senato; lo ha scritto anche il Foglio. Ma occhio alla trappola, pardon alla “riflessione”: sta in quella “investitura popolare” auspicata dal direttore del Corriere. Che chiama a supporto “il sondaggio Ipsos di una settimana fa che dice chiaramente cosa pensano gli italiani”. Insomma: la vera riforma da fare è quella, lo dicono persino 996 interviste al telefono.

 

[**Video_box_2**]Altro che classe dirigente: Via Solferino decide di stare non un passo avanti ma due indietro rispetto all’opinione pubblica. Lo si è visto anche nelle paginate con le storie di precari “deportati” (e nessun editoriale della direzione per proporre una visione diversa da quella dei talk-show); sulle proposte di collegare gli aiuti alle imprese a contratti aziendali basati sulla rappresentanza sindacale, argomento ieri relegato all’inserto economico: “Via alla trattativa sui contratti. Per stoppare Renzi”; e anche, dopo l’indignazione iniziale per il caso Colosseo e il plauso al decisionismo renziano per rendere i dipendenti precettabili, sull’insaponatura del tutto affidata nelle pagine romane al vicesindaco capitolino Marco Causi. Così, nonostante le fustigazioni fisse di Stella & Rizzo (o forse proprio per quelle), nonostante le velinate fisse poliziesco-giudiziarie (o forse proprio per quelle), se oggi il Corriere dovesse dotare la testata di un motto tipo New York Times (“All the news that’s fit to print”) o Osservatore Romano (“Unicuique suum. Non prevalebunt”), magari sceglierebbe “Sopire, troncare, troncare, sopire”, che del resto è by Alessandro Manzoni.

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