Una scena di You're the worst

La verità è che siamo tutti brutte persone, per questo You're the worst piace

Silvia Vecchini
Una storia d'amore che nasce al di fuori del solito immaginario fatto di luoghi comuni e romanticherie sull’anima gemella, e anche lontano da quegli inizi fasulli e promettenti da telefilm anni Novanta. E' una commedia antiromantica brillante e spassosissima, la seconda stagione sta per iniziare su FX, il 9 settembre.

In fondo è solo questo: due individui disfunzionali intraprendono una relazione che funziona; due stronzi divertenti, veri e perfidi; due come noi, ma scritti meglio. Piace perché è così, ci fa immedesimare, crea dipendenza perché vediamo i nostri difetti dentro uno schermo. E' You’re the worst, una commedia antiromantica brillante e spassosissima, la seconda stagione sta per iniziare su FX, il 9 settembre, il creatore è Stephen Falk, già famoso co-executive-producer di Weed e Orange is the new black. I protagonisti sono Gretchen, PR musicale autodistruttiva, e Jimmy, scrittore inglese narcisista e arrogante (interpretati mirabilmente dagli attori Aya Cash e Chris Geere).

 

E' che siamo tutti delle brutte persone, ma i protagonisti di You’re the worst lo sono apertamente, e ciò rende questa serie tv molto liberatoria. Della classica sitcom non ha gli sketch, ma il ritmo serrato dei dialoghi e il pieno di punch lines esilaranti. I personaggi acquistano spessore minuto dopo minuto, non sono solo macchiette alla mercé della battuta. Sì, dicevamo, è antiromantica, ma si sposta pericolosamente in zona tenerezza quasi subito.

 

Il pilot inizia con il matrimonio della ex di Jimmy, Becca. La macchina da presa si muove sugli invitati commossi durante il discorso della sposa e si ferma su Jimmy, che sta scattando ripetutamente foto al suo pene con una usa e getta, quelle che gli sposi lasciano fiduciosi sui tavoli affinché gli invitati possano immortalare il ricevimento. Poi va a ballare con Becca: “Grazie per avermi invitato, a volte vuoi esserci all’inizio di un disastro”. Gretchen viene ripresa per la prima volta proprio in quel momento, mentre osserva Jimmy torturare la sua ex nel giorno più bello. Quando lui viene cacciato a pedate dai parenti si incontrano fuori, Gretchen ha rubato un frullatore. Un attimo dopo sono a letto, si sono trovati.

 

La loro storia nasce al di fuori di un certo immaginario, svuotato dai luoghi comuni e le romanticherie sull’anima gemella, e anche lontano da quegli inizi fasulli e promettenti da romcom anni Novanta: il loro primo appuntamento è una scopata di cui nessuno dei due vorrebbe ricordarsi il giorno dopo. Gretchen: “Ho paura di queste stronzate. Non sono una da relazioni”. Jimmy: “Nemmeno io. Non ci credo più”

 

Se You’re the worst ci è così affine è perché i personaggi si dicono cose del genere, e poi perché viene superata con profitto la celeberrima walk of shame, la camminata imbarazzante dopo una notte di sesso fuori casa, quella col mascara colato e il vestito e i tacchi della sera prima, inaugurata nel 1998 da Carrie Bradshaw e dalle sue mise improbabili. Sveglia! È il 2015: “E' una camminata della vergogna solo se uno è in grado di provare vergogna”, Gretchen dixit. Jimmy e Gretchen sono due dimissionari dell’amore. E anche in questo ci assomigliano. Perché anche noi abbiamo sofferto come cani e abbiamo vissuto nell’illusione di restare soli per sempre, o per un altro po’, con una buona dose di paura e molto sollievo come sentimenti di sottofondo. Abbiamo percorso un’esistenza di scopate scanzonate e dolcemente fini a se stesse. Abbiamo basculato con fierezza nelle nostre case sporche e piene di cianfrusaglie al limite dell’accumulo compulsivo come quella di Gretchen, sentendoci padroni del nostro destino, senza paura che un giorno qualcuno sarebbe venuto a dirci di dare una ripulita. Poi ne abbiamo conosciuto un altro e gli abbiamo detto sì.

 

[**Video_box_2**]You’re the worst funziona sin dalla sigla. Si tratta di “7:30 AM” degli Slothrust, dice cose memorabili come I want to sleep and dream alone, è un inno per quelli che hanno deciso di occupare beatamente il lettone su entrambi i lati. Il refrain ripete incessantemente quello che dovremmo ripeterci ogni volta che ne arriva uno nuovo: I’m gonna leave you anyway.

 

Ma se sappiamo che finirà, perché ricominciamo? Perché rischiamo di farci ancora del male? Perché siamo così scemi? Semplice, perché l’amore, che non è la risposta, come diceva John Lennon, è l’automatismo più idiota. E trovare qualcuno che non vada bene per noi e che ci faccia mancare qualcosa, come noi faremo mancare qualcosa a lui, ci serve. Guardare per credere.

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