Michel Houellebecq

La Francia triste, che non crede più nella vita eterna

Mauro Zanon
Qualche sera fa, Michel Houellebecq ha accolto nel suo appartamento parigino un altro grande protagonista del dibattito intellettuale francese, che come lui, e forse più di lui, non nasconde il suo malessere per lo stato di crisi, culturale e identitario d'abord, in cui versa oggi la Francia.

Parigi. Qualche sera fa, Michel Houellebecq ha accolto nel suo appartamento parigino un altro grande protagonista del dibattito intellettuale francese, che come lui, e forse più di lui, non nasconde il suo malessere per lo stato di crisi, culturale e identitario d'abord, in cui versa oggi la Francia: il filosofo Alain Finkielkraut. Tra gli invitati c'era anche il Figaro Magazine che ha trascritto il dialogo tra i due causeur nel terzo capitolo della sua rassegna estiva "Un été avec Houellebecq", lanciata a luglio per conoscere più da vicino l'autore di "Soumission".

 

Le conversazioni tra il poeta spettinato e l'intellettuale réac, un tempo idolatrati dalla gauche, oggi relegati nel girone degli apostati per la loro critica dell'islam, hanno rapidamente toccato i temi che tormentano da anni i loro animi e uno in particolare: l'identità francese, quell'identità oggi "malheureuse", infelice, tanto per Finkielkraut quanto per Houellebecq. Un'identità, forgiata dalla civiltà giudaico-cristiana, che però non è minacciata soltanto da fattori esterni, anzi, "il malessere occidentale è prima di tutto endogeno", dice Houellebecq. "Alla fine del Medioevo, siamo entrati in una nuova era, quella che Comte chiamava età metafisica, la cui sola funzione è quella di distruggere l'era precedente, basata sulla feudalità e sulla cristianità (...) Stiamo assistendo allo sgretolamento di questa età metafisica, che lascerà il posto a una nuova era organica, necessariamente basata su una religione".

 

[**Video_box_2**]Ma quale religione? "Da buon discepolo di Comte", afferma Houellebecq, "ho esplorato nei miei romanzi precedenti l'ipotesi di una nuova religione, basata sulla scienza. Ma avevo omesso di prendere in considerazione questa semplice ipotesi: potremmo assistere, molto semplicemente, al ritorno di una religione antica". Finkielkraut cita Gershom Scholem, "lì dove c'era Dio, oggi c'è la melancolia", per rafforzare il suo credo, secondo cui "Dio è morto e farlo ritornare non dipende da noi", e a essere morta, tanto in Francia quanto nel mondo occidentale, è soprattutto la "credenza nella vita eterna". Ma la grande inquietudine che accomuna i due pensatori è lo spirito di conquista dell'islam. "Boubakeur (rettore della grande moschea di Parigi) ha commesso un errore, proponendo che le chiese abbandonate vengano messe a disposizione dell'islam", attacca Houellebecq. Finkielkraut, che ha firmato l'appello di Valeurs Actuelles, "Touche pas à mon église", in difesa del patrimonio cristiano, va ancora più in là: "Viene chiesto ai musulmani, come a tutti gli altri, di condividere un certo patrimonio. E invece, succede che il più moderato fra loro proponga tranquillamente la trasformazione delle chiese vuote in moschee piene". Sul futuro della Francia, il pessimismo regna sovrano: per l'autore di Soumission, "in seguito agli attentati di Charlie Hebdo, nessuno crede più che le cose possano sistemarsi, e, peggio ancora, nessuno lo desidera", per l'accademico di Francia, la strage islamista di gennaio ha segnato uno spartiacque, azionando un processo che sembra oggi "ingovernabile".