Censura pol. corr. sul Generale Lee: in America, Hazzard non andrà più in onda, colpa della bandiera sudista

Giovanni Battistuzzi
Dopo la strage di Charleston, l'emittente televisiva Tv Land ha deciso di non trasmettere la serie, perché quella macchina “è portatrice di messaggi negativi”. Nei giorni scorsi la Warner Bros. aveva invece annunciato lo stop alla vendita di magliette e quant’altro legato al telefilm

La tagliola del pol. corr. colpisce ancora, questa volta postuma, e censura, a oltre trent’anni di distanza, un telefilm di culto degli anni Ottanta, una bandiera, quella impressa sul tetto del Generale Lee, il Dodge Charger del 1969 dei fratelli Bo e Luke Duke, protagonisti di The Duke of Hazzard, da noi conosciuta semplicemente come Hazzard. L’emittente TV Land, canale via cavo di proprietà di Mtv Netwoks, oggi ha deciso di non mandare in onda le repliche della serie perché quella macchina “è portatrice di messaggi negativi” e non per la velocità elevata e le scorribande per strade e prati, non per la distillazione e commercio di alcol di contrabbando, ma per la bandiera sudista impressa sul tettuccio. Quindi addio Bo e Luke, addio a Daisy e ai suoi abiti succinti, addio a Zio Jesse, Rosco e Boss Hogg e a un immaginario che ha tenuto assieme almeno tre generazioni. Niente più repliche e niente più merchandising perché anche quello è stato fatto sparire: la Warner Bros. ha annunciato lo stop alla vendita di magliette e quant’altro legato al telefilm, incluso il modellino del Generale Lee.

 

Dopo la strage di Charleston, dove un 21enne ha ucciso nove afroamericani in una chiesa, quella bandiera non si può più esibire, è sconveniente, simbolo di discriminazione razziale nonostante nulla di discriminatorio ci sia nella serie. “Potere delle immagini”, ha commentato ironico Seth MacFarlane, creatore delle serie televisive animate Griffin e American Dad!, “mi sembra una decisione assurda. Mi viene da pensare che i vertici di TV Land non abbaiano mai visto una sola puntata della serie”.

 

 

Hazzard subisce quel principio di iper-semplificazione che associa un messaggio a un simbolo senza attenersi alla storia del simbolo stesso: e così la bandiera dell’esercito della Virginia diventa quella confederata, che assume in se “tutte le cose brutte che provengono dal sud degli Stati Uniti”, come ha scritto nel Foglio la settimana scorsa Mattia Ferraresi: “Ha perso la sua specificità in un processo di semplificazione dove il simbolo di una cultura complessa e stratificata s’identifica inesorabilmente con lo schiavismo e la superiorità dell’uomo bianco. Anche se non tutti i sudisti erano proprietari di schiavi. Anche se la guerra di secessione non era soltanto una questione fra schiavisti e abolizionisti (il nord è diventato abolizionista quando ha capito che non era poi così facile vincere la guerra, non prima)”.

 

Il tettuccio del Generale Lee, visto per trent’anni, da milioni di ragazzini, diventa da un momento all’altro un messaggio negativo, sgradito da chi in un processo di svuotamento di significato e di trionfo del pensiero unico, qualcosa da eliminare, un peso insostenibile.