Renaud Camus

L'islam e “la vecchia badante”

“L'Europa imbelle sta morendo”. Parla Camus, il rinnegato dei Lumi

Giulio Meotti
Renaud Camus non è sempre stato inviso all’establishment letterario di Parigi. Come quando era amico di Louis Aragon, il celebre poeta comunista fondatore del surrealismo. Come quando per un voto non riuscì a sostituire Julien Green fra gli immortali dell’Académie française.

Roma. Renaud Camus non è sempre stato inviso all’establishment letterario di Parigi. Come quando era amico di Louis Aragon, il celebre poeta comunista fondatore del surrealismo. Come quando per un voto non riuscì a sostituire Julien Green fra gli immortali dell’Académie française. Come quando Roland Barthes, la star del Collège de France, prefava il suo romanzo “Tricks”, il libro-culto della cultura gay, i tricks, ovvero gli sconosciuti che Camus rimorchiava e scopava. Fa impressione pensare che un tribunale di Parigi ha condannato Camus per “islamofobia” (una multa di quattromila euro), per un discorso pronunciato il 18 dicembre 2010, nel quale parlò di “Grand Remplacement”, la sostituzione del popolo francese da parte dell’islam sotto il “cavallo di Troia del multiculturalismo”.

 

Ma la Francia, prima che di conquista, muore di inedia. “Sono persuaso che il grande fattore della distruzione sia l’égalité” dice il libertino anticonformista Camus al Foglio. “L’egalité, non appena abbandona il letto del diritto, distrugge ogni cosa. Come Eschilo dice di Elena di Troia: ‘Ha rovinato città, navi e uomini’. L’uguaglianza fra genitori e figli ha distrutto la famiglia, l’uguaglianza fra insegnanti e studenti ha distrutto la scuola, l’uguaglianza fra l’arte e l’intrattenimento ha distrutto la cultura, l’uguaglianza fra cittadini e non cittadini ha distrutto le nazioni. L’Europa, quella che ha composto il ‘Quintetto’ di Schubert o ‘Quer pasticciaccio brutto de via Merulana’, aveva un’idea di eccellenza, di superamento di se stessa. L’uguaglianza forzata culturale ha ridotto l’Europa a una imbecillità”.

 

La teoria della “Grande Sostituzione” venne a Renaud Camus durante una visita a Vémars, nella Val d’Oise, alla casa di François Mauriac. Camus vide le periferie con le donne islamiche velate, il mutamento estetico della provincia. Quando la cultura francese gli faceva terra bruciata attorno, Camus venne difeso da insospettabili come Sylviane Agacinski (filosofa e moglie del premier Lionel Jospin), Emmanuel Carrère, Pierre Bergé, Frédéric Mitterrand e Alain Finkielkraut. Sono gli anni in cui Camus pubblica saggi come “La Grande Déculturation”, “Décivilisation” e “La Civilisation des prénoms”.

 

Charlie Hebdo, i complotti contro le chiese e ora la decapitazione a Lione. La Francia è sotto attacco, ma pochi vogliono ammetterlo. “Negare la realtà è l’occupazione principale non soltanto dei francesi, ma degli europei, negli ultimi trent’anni”, dice Camus al Foglio. “Nessuno parla del collasso del nostro sistema educativo, del legame fra delinquenza e immigrazione e tantomeno, segreto dei segreti, della sostituzione culturale e di civiltà. ‘Gouverner, c’est prévoir’, recitava l’adagio. In realtà si dovrebbe dire ‘Gouverner c’est ne pas voir’. Se vuoi governare e detenere il potere oggi devi non vedere e, soprattutto, non dire. Questo vale per lo stato come per i media”.

 

Camus non è rimasto impressionato dal premier Manuel Valls, che ha parlato di “guerra di civiltà”. “Valls ha scoperto che siamo impegnati in una guerra di civilizzazione. Forse, fra vent’anni, quando sarà sottosegretario per i Diritti dei Nativi in un governo islamico di Ahmed Cherkaouï (nome inventato, ndr), allora ammetterà che c’era davvero una ‘Grande Sostituzione’. Ma dirà anche che non era possibile prevederla”.

 

Sembra che un pensiero negativo si sia impossessato della cultura francese. “Non soltanto francese. La cultura europea in generale. E’ la seconda carriera di Adolf Hitler. Meno orribile della prima, ma dalle conseguenze anche più profonde. Il cancro hitleriano venne estirpato dai medici in modo tale che venisse asportato non soltanto il tumore, ma anche le funzioni vitali. Soltanto nel 1968, la data simbolica dell’avvento al potere nel mondo della piccola borghesia, si videro gli effetti della grande distruzione hitleriana. Il paziente è vivo, ma anche morto. Non ha cuore, non ha cervello, non ha stomaco, non ha nervi, non ha sesso, non ha orgoglio, non ha reazione di sorta. L’Europa vede un progetto di conquista, in passato resistevano, ma oggi la reazione è: ‘Poveri conquistatori, spero non abbiano problemi’. E’ come se Elisabetta d’Inghilterra avesse detto della Invincibile Armada: ‘Quei poveri spagnoli, con quel mare cattivo, sono preoccupata’”.

 

[**Video_box_2**]C’è chi la accusa di allarmismo con la Grande Sostituzione. “Non è una teoria, un concetto o una nozione: è un fatto. I popoli europei sono sostituiti da popoli non europei. Lo comprendi dalla demografia, paragonando i non europei e gli europei dall’età: la proporzione è ancora bassa per le persone sopra i settant’anni, ma è enorme sotto i cinque. La Francia è come una vecchia badante che alleva i figli di un altro popolo. E devi essere davvero vanitoso, naïf se pensi che questi popoli abbiano la stessa idea di nazione, di cultura, di civiltà, di identità. Questo ‘sostituismo’, come lo chiamo io, è la base ideologica della Grande Sostituzione, è una concezione dell’esistenza. E’ una ideologia della intercambiabilità. E le condizioni sono la Grande Esculturazione, l’insegnamento dell’oblio, l’industria dell’ebetudine”.

 

Camus attacca gli ex compagni di strada. “L’intellighenzia di sinistra, quella di Saint-Germain-des-Près, il Café de Flore, è diventato un luogo di incontro per consumisti. Hanno santificato la vittima in modo che il perdente fosse disponibile alla conquista”. Perché gli europei non la riconoscono per quello che è? “Perché era realizzata da conquistatori a cui non piaceva la parte, e perché era un tipo di conquista mai vista prima. Non si usano le armi, si conquista senza resistenza. Ma quanto sto dicendo sta diventando obsoleto. I conquistatori hanno gettato la maschera e stanno tornando a metodi più familiari”.

 

Dunque niente ottimismo sul futuro dell’Europa. “Oh sì invece, sono molto ottimista. Almeno abbiamo una scelta: guerra o sottomissione. E devo ammettere che la sottomissione sarà più probabile”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.