Nell'abisso

Guido Ceronetti
Leggere Sibony per capire dove il mondo mussulmano trascinerà Israele e l’Occidente

    Su Israele, Stato e storia mitica, è necessario, se vuoi approfondire davvero, leggere con attenzione Daniel Sibony. Ebreo di nascita marocchina, arabofono di origine, di cultura universalista, interprete psicanalitico, Sibony è una magistrale guida degli abissi religiosi e nazionali in cui sta precipitando insolubilmente tra incomprensioni fatali il mondo mussulmano, trascinandosi dietro l’enclave ebraico-israeliana alle cui spalle trepida spaventato l’intero nostro Occidente. Intingo appena un dito in questo immane naufragio col soccorso, per me fondamentale, di alcuni pensieri tratti da Les trois monothéismes  (Seuil 1992) che fu battistrada della riflessione appassionante, originalmente nuova, di Daniel Sibony.

     

    […] Gli esseri umani sono, in vario grado, dei perseguitati dall’Origine: la loro origine li chiama, li nutre, li interroga, e finisce per attirarli dentro l’Aldiquà della loro stessa origine. Ma i fautori dei monoteismi hanno un modo singolarissimo di essere perseguitati o oltrepassati dall’origine: lo sono da quella dell’altro… Ora, ciascuna identità impone all’interno di ogni monoteismo le tensioni proprie: il Giudaismo pesa sugli ebrei stessi sempre, anche quando questo pesare è celato, riconvertibile; e analogamente l’Islam pesa innanzitutto sugli stessi mussulmani. E nello stesso tempo ciascuna identità gli fornisce un appoggio, un sostegno, e fa delle aperture, da accogliere o da respingere. Paul Valéry ha potuto scrivere: “La questione della religione è di sapere se i morti sono morti davvero”.

     

    […] Non può essere che umiliante per gli Israeliani di vivere avendo accanto, in mezzo a loro, un popolo umiliato. Dal punto di vista dell’essere e delle modalità di esserci, è totalmente malsano. E qui lo sforzo di accettare l’Altro, è uno sforzo paragonabile a quello di aprirsi una via all’oltrepassamento di sé e una certa dignità. Assunzione di sé: può Israele assumare la minima parcella del destino ebraico senza lacerare la pellicola di razionale, pragmatica e fobica di cui si è tante volte avviluppato? Dilemma: senza l’armatura istituzionale, Israele non sarebbe mai esistito; ma rischia di restarci soffocato, con la sua esistenza acquisita, il mantenimento del suo guscio di tartaruga. Perché questo l’obbliga a ripetere senza fine il puro sintomo del popolo ebreo: esistere e durare nel tempo nonostante l’odio dei vicini o grazie a questo. C’è da credere che la migliore salvaguardia di Israele sia la voglia degli Arabi di distruggerlo.

     

    […] Nello Stato ebraico dei tempi biblici, la Giudea era la più ebraica delle sue regioni: oggi è il cuore della Cisgiordania. Ci vuole dunque, per Israele, una libertà sufficiente, in rapporto alla sua origine, a ciò che lo fonda, per raggiungere un compromesso sui “territori”.

     

    Daniel Sibony: “I tre monoteismi”. Traduzione del Filosofo Ignoto