Il ritorno agli anni Novanta di Sky Atlantic ci svela la tv della "generazione Renzi"

Stefano Priarone
Per il lancio della serie 1992, dedicata a Tangentopoli, Sky dedica un intero canale a telefilm, cartoni animati ed eventi sportivi di quell'anno. Missione nostalgia che racconta quando il premier era ragazzino.

Per Kurt Vonnegut era un incubo un svegliarsi al mattino e vedere che la propria classe del liceo governava la Nazione. Non sarà un incubo ma è comunque interessante vedere come in Italia non solo i nati negli anni Settanta inizino a governare la Nazione (abbiamo un Presidente del Consiglio classe ‘75 e un leader dell’opposizione, Matteo Salvini, classe ‘73) ma che ci sia un canale di Sky dedicato alle serie televisive, ai cartoni animati e agli eventi sportivi di quando erano ragazzini.

 

Ieri ha debuttato su Sky Atlantic “1992”, la serie televisiva con Stefano Accorsi che racconta in modo romanzato le vicende di Tangentopoli, e da alcuni giorni Sky Atlantic +1 è diventato Sky Atlantic 1992. In pratica, il canale della nostalgia della generazione di Matteo Renzi, pensata per tutti coloro che all’epoca erano adolescenti, o avevano appena compiuto vent’anni (magari anche per le ministre Marianna Madia e Maria Elena Boschi, nel 1992 tecnicamente tweens, ma si sa che le ragazze maturano prima).

 

E così ci stiamo rivedendo telefilm (nel 1992 si chiamavano “telefilm” non “serie televisive”) come “Baywatch”, “Beverly Hills”,  “Merlose Place”, sitcom come “Agli ordini, papà!” ed eventi sportivi come le fasi finali di Wimbledon e della Coppa dei Campioni (l’ultima, sarebbe diventata Champions League nel 1993).

 

Un sintomo dell’invecchiamento è la nostalgia: che a volte è reale, ma spesso è soltanto la nostalgia di quando si era più giovani, più magri, con meno pensieri (in certi casi con più capelli). E la Renzi Generation (con le dovute eccezioni), non ne è immune.

 

Molti di loro sono rimasti negli anni Ottanta e i primi Novanta, non lasciamoci ingannare dalla data, sono ancora anni Ottanta in tutto e per tutto, se il Novecento è stato il Secolo Breve gli Ottanta sono stati Il Decennio Lungo. E quindi, anche se adesso siamo, obiettivamente, nell’età dell’oro delle serie televisive, rimpiangono quelle del passato. Ma “Baywatch”, pur se geniale nel saper vendere le sue bagnine e i suoi bagnini sexy in tutto il mondo, non era che è un lungo videoclip (ce ne era anche uno dichiarato in ogni puntata) con qualche dialogo banalotto (non sapremmo raccontare la trama di un episodio). Certo, c’era David Hasselhoff, già protagonista della serie “Supercar” amatissima da tutti i bambini che giocavano con le macchine (noi preferivamo di gran lunga le action figure) e c’erano Loro. Le bagnine. Pamela Anderson diventa un’icona sexy grazie alle serie, noi preferivamo la ventenne Nicole Eggert, di cui ci eravamo perdutamente innamorati vedendola, splendida adolescente, nella sitcom “Charles in Charge” di cui era protagonista Scott Baio, il Chachi di “Happy Days” (altra serie di culto delle Generazione Renzi).

 



 

“Beverly Hills 90210”, che debutta nel 1990, lo stesso anno di Twin Peaks, è il primo vero teen drama (telefilm con protagonisti adolescenti), serie a suo modo innovativa come lo era quella di David Lynch.

 

Chi lo seguiva  all’epoca ricorda il dualismo fra la mora Brenda (Shannen Doherty) e la bionda Kelly (Jennie Garth), anche se c’era pure chi (magari snobbino) preferiva la rossa Clare (Kathleen Robertson), obiettivamente la più affascinante di tutte.

 


 


 

 

Ci rivediamo sitcom allucinanti come “Agli ordini papà” su un sergente dei marines e la sua famiglia  probabilmente seguita perché il protagonista (Gerald McRaney) era uno del duo di “Simon & Simon”, terrificante telefilm degli anni Ottanta su due scalcinati detective, che ha i suoi fan fra la Generazione Renzi. Nessun confronto possibile con i grandiosi nerd di “Big Bang Theory”: ci sono almeno tre categorie di differenza.

 

Ma c’è nostalgia e nostalgia. E se quella per i telefilm di una volta è forse soltanto un sintomo del rimpianto per la propria giovinezza (come se a circa quarant’anni si fosse vecchi) e, peggio, un fossilizzarsi sul passato senza il desiderio di sperimentare nulla di nuovo (fossero anche solo serie tv), quella sportiva ha senz’altro più senso.


Come del resto è lecito preferire un Maradona (nel 1992 scontava la squalifica per cocaina dell’anno precedente) a un Messi (il Maradona degli anni Duemila, pur se fisicamente diversissimo è, comunque il “cattivo ragazzo” Ibrahimovic).

 

Vedere la finale di Wimbledon 1992, quando Andre Agassi che non faceva il serve and volley sull’erba era l’eccezione, mentre adesso solo Roger Federer va a rete quando batte (ma neanche sempre e solo sulla prima), fa un effetto straniante. John McEnroe, trentatreenne, era gli ultimi fuochi, Federer, anch’egli adesso trentatreenne, è numero due al mondo (il leader è il ventottenne Novak Djokovic) di un tennis con sì grandi campioni ai vertici ma privo di veri ricambi fra i più giovani.
E quello degli anni Novanta era un tennis meno perfetto, ma senz’altro più vario (attaccanti puri, giocatori a tutto campo, attaccanti da fondo, pallettari).

 

[**Video_box_2**]La finale di Coppa Campioni fra Barcellona e Sampdoria, poi, non può non farci sentire nostalgici (anche se non si tifa per la Doria). Non solo perché una squadra di medio livello era approdata in finale (e forse l’avrebbe vinta ai rigori non fosse stato per la discussa punizione di Ronald Koeman nei supplementari) ma soprattutto perché all’epoca (e lo sarebbe stato almeno fino ai primi anni Duemila) il campionato italiano era di gran lunga il migliore del mondo.

 

Allora eravamo nell’età dell’oro del calcio italiano. Ma è di questa nostalgia, che è anche desiderio di tornare all’eccellenza del passato (dopotutto, la Juventus ha chances per arrivare in semifinale in Champions e Napoli o Fiorentina sono addirittura favorite per vincere l’Europa League) di cui ha bisogno la Generazione Renzi, non di quella per vecchie serie trash.

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