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Il problema dei rifiuti in Sicilia è la burocrazia

Riccardo Lo Verso

L'arresto di Giovanni Di Giacinto, sindaco di Casteldaccia, è solo l'ultimo caso di malaffare legato all'immondizia. Il sistema è inefficiente e le pastoie burocratiche sembrano fatte apposta per i malandrini

“ ... neanche mi posso fare mettere alla berlina dalla Regione... appena facciamo una cosa sbagliata ci rompono il c...”, diceva Giovanni Di Giacinto, sindaco di Casteldaccia, piccolo comune in provincia di Palermo, finito ai domiciliari.

  

Si era fatto male i conti, perché laddove è saltato il controllo della burocrazia ha provveduto la magistratura. La Procura di Termini Imerese, infatti, ha chiesto e ottenuto l'arresto di Di Giacinto per corruzione.

 

Tra le ipotesi di reato che gli vengono contestati c'è quello di avere affidato a un'impresa, direttamente senza una gara di appalto, una commessa per la raccolta differenziata dei rifiuti. In cambio avrebbe ottenuto alcune assunzioni, tra cui quella del cugino.

   

Al di là del caso singolo, e in attesa degli esiti dell'inchiesta, va evitato il rischio di concentrarsi sulla pagliuzza senza vedere la trave. Il sistema rifiuti in Sicilia è inefficiente. Le pastoie burocratiche sembrano fatte apposta per i malandrini che sguazzano nell'eterno dibattito: termovalorizzatori sì, termvolarizzatori no.

 

La parolina magica in Sicilia è “emergenza”. In nome dell'emergenza (è una contraddizione in termini visto che il sistema in Sicilia non funziona ormai da anni) i comuni possono bypassare la gara pubblica e scegliere in autonomia coloro ai quali affidare la commessa per raggiungere l'obiettivo, stabilito dalla presidenza della Regione, di “incrementare la percentuale di raccolta differenziata”. Senza termovalorizzatori, serve l'educazione dei cittadini.

 

Come si è arrivati a questo? Nel 2010 con una legge regionale fu avviata una riforma per lasciarsi alle spalle le fallimentari società consortili che raggruppavano più comuni e che hanno lasciato per strada viragini di debiti e disoccupati da riproteggere. Doveva essere tutto pronto nel 2013. Da allora si va avanti di proroga in proroga e le amministrazione locali hanno autonomia decisionale. Ne è venuto fuori il caos con modelli diversi di gestione di amministrazione municipale in amministrazione. È un marasma segnato da infiltrazioni della criminalità, anche mafiosa.

 

La nuova legge di riforma dei rifiuti, neanche a dirlo, si è subito impantanata all'Ars, l'Assemblea regionale siciliana. A oggi in Sicilia operano diciotto Servizi di regolamentazione rifiuti e duecento Ato, gli Ambiti territoriali ottimali. E così più di una volta la Regione ha subito una tirata di orecchie: nel 2015 è stata diffidata dal governo nazionale, nel 2016 l'Autorità nazionale Anticorrruzione e l'Autorità Garante della Concorrenza, nel 2017 la Corte dei Conti hanno chiesto di mettere fine alla gestione frammentaria.

 

Perché? La frammentazione fa lievitare i costi, non garantisce servizi efficienti e presta il fianco al malaffare. Il neo governo Musumeci sta cercando di mettere a punto un piano rifiuti. Chissà se ci si riuscirà entro questa legislatura. Nel frattempo regna ancora il caos che nel peggiore dei casi diventa materia per i pubblici ministeri e, nel migliore, tema da affrontare nelle Commissioni antimafia.

 

Quella regionale ha avviato un'inchiesta che si porta dietro un lungo elenco di audizioni. Si parte da lontano. Uno dei primi ad essere convocato è stato l'ex governatore Totò Cuffaro che si dimise nel 2008 e poi ha “dovuto” trascorrere un lungo periodo in carcere. Dodici anni dopo la politica si interroga ancora sui perché della scelta, poi inapplicata, del governo Cuffaro di costruire i termovalorizzatori. Quando sarà ultimato lo screening degli anni post Cuffaro ci sarà una corposa relazione finale da leggere. Chissà se nel frattempo la politica avrà risolto l'emergenza rifiuti, se finalmente si sarà data una risposta al dilemma sui termovalorizzatori che di recente sono pure tornati di moda. Il governo siciliano ha inserito la costruzione di due impianti a Palermo e Catania, nel nuovo piano per i rifiuti presentato al governo nazionale. Apriti cielo: a Roma comandano i grillini e soffia il vento del populismo ambientalista.

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