Il boss spaccaossa, una fotografia della mafia stracciona di oggi

Riccardo Lo Verso

Stefano Marino dieci anni fa era latitante e oggi truffa le assicurazioni, esempio perfetto della (quasi) sconfitta di Cosa nostra

Lo avevano arrestato nel 2008. Allora Stefano Marino era un boss in ascesa che osava sfidare lo stato, restando latitante per una manciata di mesi in una bella villa al mare.

 
Undici anni dopo, nella notte, lo hanno arrestato di nuovo. Ormai si era cucito addosso i gradi di capo in una mafia stracciona. È vero, Marino ha fatto carriera, ma in una Cosa nostra che a Palermo sprofonda ogni giorno di più. È tutto merito di quello stato che stavolta indossa la divisa dei poliziotti della squadra mobile di Palermo e che, a dispetto dei fantasmi evocati ad ogni occasione utile, ha ridotto i boss all'angolo.

 

  
Oggi Stefano Marino, e il fratello Michele, secondo quanto ricostruito dai magistrati della procura palermitana, avevano assoldato una squadra di picciotti per spezzare le ossa a gente disperata e pronta a tutto, pure a sopportare il dolore di una frattura, per incassare gli indennizzi delle compagnie di assicurazione.

  
Marino era alla guida della famiglia mafiosa di Roccella, una borgata che fa parte del mandamento di Brancaccio. E cioè di quello che fu il feudo dei fratelli Graviano, boss stragisti sepolti all'ergastolo. I Graviano mettevano le bombe per fare saltare in aria i magistrati. Marino mandava i suoi scagnozzi in missione davanti ai pronto soccorso degli ospedali per avvicinare e convincere la gente, con le buone o con la cattive maniere, a recitare nella messinscena dei finti incidenti stradali.

   
Il diktat del boss era fin troppo eloquente: “... dice le pratiche di quelle ragazze, quelle due femmine, sono le nostre, le dobbiamo seguire noi per i carcerati... che dovevo fare? Una volta che c'era Marino seduto là”. Questa è la mafia di oggi, costretta a guardare ai fasti di un passato cancellato dalle indagini.

    
Del passato fanno parte i Graviano, Giuseppe soprattutto, che parla a ruota libera durante l'ora d'aria, rievocando in favore di telecamera connivenze e accordi politici durante la stagione delle bombe. È al 41 bis da decenni perché il carcere duro esiste, sempre e comunque, nonostante fosse uno dei punti chiave del papello con le richieste che Totò Riina avrebbe consegnato agli uomini dello Stato. Un ultimatum della serie: “Togliete il 41 bis o continueremo a piazzare bombe e seminare morte”. Il risultato è che fra i pochi, pochissimi svaghi concessi al detenuto Graviano ci sono i suoi dialoghi a ruota libera, puntualmente intercettati.

    
Il presente della mafia è nei tanti Stefano Marino che popolano le borgate palermitane e che fanno i soldi con lo spaccio di droga, la riffa clandestina, il pizzo sulle bancarelle abusive di bibite e frattaglie, e spaccando le ossa alla gente.

     
Ad alcuni mafiosi e ai picciotti alle loro dipendenze, che arrancano in una situazione maleodorante, lo stato offre un inatteso aiuto sotto forma di reddito di cittadinanza. Cinque dei nove fermati nel blitz di oggi percepivano l'assegno mensile che spetta a chi è in difficoltà e cerca lavoro. Questa, però, è un'altra storia.

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