Diapositive dell'acqua alta a Venezia: “Qualcosa di diabolico” invade la città

Fernanda Pivano, la mareggiata del 1979 e quella di oggi. Lo stupore, la paura e la strana magia della Laguna che conquista la città

Giovanni Battistuzzi

C'era “una strana magia, una irrefrenabile attrazione verso quell'acqua che piano e inesorabile saliva e conquistava tutto ciò che sino a poco prima era asciutto e calpestato da una folla di sorrisi, stupori e clic volenterosi di rubare la meraviglia”. Per oltre un'ora, nel febbraio del 1979 Fernanda Pivano rimase con le gambe a mollo a guardarsi attorno. L'“acqua alta” aveva raggiunto i 140 centimetri, ventiduesima marea eccezionale più intensa della storia (almeno da quando nel 1923 sono iniziati i rilevamenti) e “metà Venezia sembrava affondare. È stato qualcosa di stupendo eppur tragico allo stesso tempo, la sensazione che qualcosa di diabolico stesse invadendo la città”.

 

Nella notte tra il 12 e il 13 novembre 2019 l'“acqua alta” ha raggiunto i 187 centimetri, seconda soltanto ai 194 centimetri della notte tra il 3 e il 4 novembre 1966. Qualcosa che non doveva più accadere, almeno secondo i calcoli di chi, proprio in seguito a quella mareggiata, iniziò a studiare il modo per evitare alla Laguna di sommergere la città. Tra le tante ipotesi di intervento venne scelto il cosiddetto Mose, un progetto di ingegneria talmente ambizioso, innovativo e all'avanguardia da non essere ancora stato completato tra ritardi, corruzioni e inchieste della magistratura.

 

Venezia è stata invasa ancora dalle acque, è entrata ovunque poteva entrare, ha danneggiato e rovinato quello che ha trovato sulla sua strada. Perché “in fondo la bellezza di Venezia non sta altro nella sua fragilità, nel suo essere delicata e proprio per questo in fondo transitoria”.

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