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La Raggi a quattro stelle (manca la mobilità sostenibile)

Massimo Solani

Il Campidoglio minaccia blocchi alle auto diesel ma usa autobus Euro3 nella flotta Atac. Roma al palo anche per carsharing e ciclabili 

Ai romani costretti in una città paralizzata dalla neve e dagli alberi caduti in ogni dove l’annunciò suonò quasi come una presa in giro. “A partire dal 2024 – scriveva la sindaca su Facebook, tentando forse anche di dribblare le polemiche per la partecipazione alla C40 a Città del Messico nonostante una città in ginocchio per la prevista nevicata – nel centro della città di Roma sarà vietato l’uso di veicoli privati alimentati a diesel”. Era il 27 febbraio dello scorso anno e da allora il Campidoglio non ha mosso un passo in quella direzione, lasciando i romani che vogliono comprare una nuova auto nell'incertezza di cosa ne sarà del diesel in città. Di nuovo, il 15 febbraio scorso, sei settimane fa ormai, era la stessa Virginia Raggi ad annunciare lo stop ai diesel Euro3 nella Ztl dell’anello ferroviario a partire dal primo novembre. Quella delibera, però, in giunta non si è ancora vista. Ritardi e rinvii contro i quali adesso punta il dito anche Greenpeace. “Siamo di fronte all’ennesima promessa non mantenuta da parte di questa amministrazione, non si può più scherzare con l’aria che respiriamo – ha spiegato Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia – È inaccettabile che ci voglia più di un anno per fare il primo passo, occorrono sforzi ben più incisivi e maggiore chiarezza sui programmi”.

    

Di certo, come accusa Greenpeace nel dossier “Senza respiro”, la seconda stella del Movimento, quella della mobilità sostenibile, sembra essersi eclissata nel cielo della Capitale. Con risultati che i romani sono da tempo costretti a sopportare. Ad iniziare dal trasporto pubblico, vero e proprio incubo, e dai disservizi di Atac causati per lo più dai guasti di un parco mezzi sempre più vecchio e ovviamente inquinante. Eppure, nonostante gli annunci, anche su questo fronte si è fatto poco o nulla. “Il parco mezzi di superficie di Atac al 31 dicembre 2017 era composto da 2.150 unità – spiega il report di Greenpeace – Fatta eccezione per 60 minibus sottoposti a procedura di revamping e non ancora rientrati in servizio nonostante i ripetuti annunci, 75 filobus e 387 bus a metano, la flotta Atac è composta interamente da mezzi alimentati a gasolio. Di questi quelli Euro3 sono oltre il 50 per cento. Sono Euro6 i 38 mezzi nuovi presi a noleggio di recente e appena entrati in servizio, mentre sono Euro5 i 70 mezzi, sempre a nolo, che arriveranno in servizio da Israele. Per il resto – prosegue il dossier – nulla o quasi si muove sul fronte del rinnovamento in chiave “zero emissioni” della flotta Atac: dei 227 che saranno acquistati attraverso gara Consip, 91 saranno alimentati a metano gli altri 136 a diesel (Euro6). È invece andata deserta la gara per l’acquisto di 5 mezzi alimentati a idrogeno, aperta la scorsa estate, per un valore di 4.132.748 euro di cui circa la metà finanziato dalla Regione Lazio”. Decisamente poco green anche la flotta Ama (fra i circa 2100 mezzi in uso i veicoli elettrici in servizio sono 12 spazzatrici, 73 mezzi a vasca, 8 quadricicli a trazione elettrica che operano all’interno dei cimiteri capitolini e 7 quadricicli a trazione ibrida per le verifiche territoriali), quella dell’autoparco comunale (una ventina di auto elettriche su circa 163 mezzi totali) o quella della Polizia Locale di Roma Capitale (12 vetture a trazione elettrica su oltre 600 mezzi).

    

Non va meglio la situazione della sharing mobility nella Capitale. Se per auto e scooter a noleggio l’Urbe si difende a fatica nel paragone con Milano, è sul fronte della bicicletta che Greenpeace segnala la Caporetto della Capitale. Non soltanto perché è l’unica fra le città europee a non avere un servizio di bikesharing, ma anche perché “è in clamoroso e storico ritardo nelle politiche di incentivazione all’uso della bicicletta”. “A fronte di circa ottomila chilometri di strade, nel territorio del Comune di Roma nel 2014 si contavano soltanto 259 chilometri di piste ciclabili (ma nel dato fornito da Roma Mobilità erano compresi anche percorsi ciclabili nel verde ricavati nei viali delle ville storiche o l’Appia Antica, dove tuttavia non esiste alcuna infrastruttura ciclabile) – sottolinea il dossier – Dall’insediamento della giunta Raggi a oggi, secondo i calcoli dell’Associazione “Salvaiciclisti Roma”, sono stati realizzati soltanto tre interventi per un totale di 5,6 chilometri”. Ma Roma, secondo Greenpeace, è in clamoroso ritardo anche sul fronte degli incentivi alla mobilità elettrica rispetto agli obiettivi che si era data la stessa amministrazione. Il target “minimo”, fissato dalla sindaca Virginia Raggi, era quello di “avere almeno 700 nuove colonnine entro il 2020”. Oggi invece, si legge nel dossier, secondo quanto riportato dal sito di Roma Mobilità, all’interno del raccordo anulare “sono 118 le colonnine di ricarica attivate da Enel spa”. A Barcellona, a fine 2016, le colonnine di ricarica per mezzi elettrici erano 6.642.

    

Se questo è il presente, il futuro dovrebbe disegnarlo il Piano per la Mobilità Sostenibile, all’interno del quale l’amministrazione ha individuato alcuni “punti fermi”. “Dei venti interventi previsti con costo totale superiore ai 3 miliari di euro – sottolinea però Greenpeace – soltanto uno sarebbe già finanziato per un importo complessivo di 23,6 milioni”. Un libro dei sogni a caccia di finanziamenti, in pratica. Una delle tante promesse fatte da Virginia Raggi che però al momento restano miraggi. Eppure, sottolinea Giannì di Greenpeace Italia, “Roma ha numerosi modelli cui ispirarsi tra le grandi città europee”. “I cittadini – conclude il report di Greenpeace – hanno il diritto di sapere che piani ha il Comune, per regolarsi di conseguenza”.

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