In Abruzzo i "caschi gialli" contestano Di Maio e la politica del "no"

Il vicepremier a Ortona per le regionali ribadisce la posizione contraria a Salvini sulla Tav. A pochi metri i lavoratori del oil&gas chiedono di fermare la norma "blocca trivelle"

Maria Carla Sicilia

Deve essere stato inaspettato per Luigi Di Maio ritrovarsi contestato in terra NoTriv da chi è favorevole alle attività di ricerca ed estrazione di gas e petrolio. Questa mattina ad Ortona un gruppo di lavoratori del settore oil&gas ha manifestato fuori dal teatro Francesco Paolo Tosti, dove il vicepremier era impegnato a sostenere la candidata grillina alla regione, Sara Marcozzi. L’Abruzzo possiede importanti risorse di gas metano al largo delle sue coste e ci sono diverse centinaia di impiegati in regione, oltre all’indotto. A fare rumore sono sempre state le manifestazioni NoTriv, come quelle contro il contestato progetto della piattaforma Ombrina Mare, i cui permessi sono stati poi revocati alla vigilia del referendum del 2016. Difficile ricordare proteste al contrario.

   

Così, mentre Di Maio ha fatto campagna elettorale a favore della Marcozzi proponendo la sua politica dei “no” – con l’occasione il vicepremier ha mandato anche un messaggio a Matteo Salvini ribadendo l’assoluta contrarietà del M5s alla Tav – a pochi metri da lui i “caschi gialli” gridavano il proprio “sì” allo sfruttamento delle risorse nazionali. Di Maio è stato anche contestato per essere arrivato in macchina (no, non elettrica): ”Ipocrita. A piedi devi andare”.

   

I “caschi gialli” chiedono che non venga messo a rischio il loro lavoro e che la produzione di gas e petrolio in Italia non sia fermata, così da valorizzare le risorse nazionali e limitare le importazioni. Il settore è in subbuglio dopo che il Movimento 5 stelle è riuscito a inserire nel decreto Semplificazioni una norma che permette di bloccare fino a due anni i progetti di ricerca di idrocarburi, anche se le imprese hanno già ottenuto le autorizzazioni e iniziato i lavori. Un compromesso al ribasso rispetto a quanto avevano proposto i grillini e promesso ai loro elettori, raggiunto dopo una complicata trattativa con la Lega. Il tentativo è quello di riabilitarsi nei confronti della parte delusa dell’elettorato ambientalista, dopo che negli ultimi giorni del 2018 sono arrivate dal Mise alcune autorizzazioni per la ricerca e lo sfruttamento di gas e petrolio in Emilia Romagna e nel mar Ionio nonostante l’impegno in senso contrario preso prima di arrivare al governo.

   

L’impatto della misura preoccupa chi lavora nel settore e per questo sabato prossimo ci sarà una manifestazione a Roma per chiedere al governo di rivedere il testo. Oltre alla moratoria è previsto anche l’aumento dei canoni di concessione per le compagnie petrolifere e sono attesi contenziosi per 470 milioni di euro, secondo la relazione tecnica che accompagna la norma. Il decreto dovrà essere convertito in legge entro il 12 febbraio e tornerà in aula alla Camera martedì. Difficile a questo punto ottenere sconti o il ritiro del provvedimento.

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