Un bambino con la bandiera di Israele (foto Roberto Monaldo/LaPresse)

Torino, capitale del boicottaggio d'Israele

Redazione

Un appello al rettore Ajani perché fermi la marea d’odio nelle sue aule

Torino da città antifascista a città antisionista? Quello che sta succedendo nella sua università è a dir poco grave. E meritava una lettera aperta al rettore Ajani, che ora circola in quella università e firmata da numerose personalità. Il 18 gennaio del 2017 nel Campus Einaudi dell’Università ha avuto luogo il seminario autogestito “Ricordare Auschwitz per ricordare la Palestina” corredato da dispense universitarie dal titolo infamante: “Collusioni tra sionismo e nazifascismo prima e durante la Shoah”.

 

In un secondo seminario, promosso dal Dipartimento di Culture, Politica e Società e alla presenza delle relatrici Eliana Ochse e Simona Taliani, Salim Vally, dell’Università di Johannesburg, si è potuto dipingere Israele come un paese dove si praticherebbe l’apartheid. Il 24 gennaio, sempre al Campus Einaudi e a ridosso della Giornata della memoria, con un altro seminario autogestito tenutosi nell’Aula A3, si è parlato dello “sfruttamento della Shoah da parte di Israele”. Quando, un anno fa, 350 docenti, ricercatori e assegnisti delle università italiane lanciarono un appello per il boicottaggio di Israele, in particolare dell’Università Technion di Haifa, ben 61 di loro provenivano dall’Università di Torino.

 

L’Università di Torino è stata la prima (e finora unica) in Italia a votare ufficialmente una mozione di boicottaggio di Israele, sostenuta a maggioranza (sedici favorevoli e cinque contrari) dal Consiglio degli studenti.  L’ateneo torinese ha anche fatto notizia per un altro caso incredibile. “Rinuncio a fare ricerca per boicottare l’università di Tel Aviv e Israele”. Questa la decisione di una giovane ricercatrice, Ilaria Bertazzi, che dopo il dottorato ha rifiutato la proposta di continuare a studiare le energie rinnovabili perché il progetto prevedeva la collaborazione con atenei israeliani. Ci sono docenti torinesi, come Daniela  Santus, che hanno subito non poche contestazioni per le loro idee anticonformiste su Israele.

 

Il rettore Ajani può e deve fare di più per evitare che la sua gloriosa università, che vanta progetti di collaborazione con Israele, non si trasformi nella capitale del suo boicottaggio accademico. Sarebbe un disonore per la città di Primo Levi.

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