Il mercato centrale di Roma. Foto LaPresse/Vincenzo Livieri

Cose da pazzi a Roma. Per un cavillo chiudono il Mercato centrale

David Allegranti

Circondati da abusivi, cucine puzzolenti, orrori kebabbari e degrado: “Mi sento in una favola buffa”, dice il proprietario

Roma. Il Mercato centrale di Roma, isola felice accanto alla stazione Termini in una zona dove tutto è sbrecciato e sporco e rotto, e dove l’illegalità è diffusa, è stato chiuso dall’Asl. E pare una storia incredibile, a sentire quello che racconta Umberto Montano, il proprietario che lo ha fondato dopo il successo di quello di Firenze.

  

Montano al Foglio dice di sentirsi “bastonato”. “Mi sento in una favola buffa. Non ho mai avuto una sanzione che fosse una in 40 anni di lavoro”. Ammette di aver commesso un errore, una leggerezza, dice che c’è stato un eccesso di romanticismo, cui però ha fatto seguito implacabile la scure della burocrazia. Ed è surreale in un quartiere, quello attorno alla stazione Termini, in cui gira qualunque cosa, alla faccia non solo delle norme igieniche. La storia è dunque questa. Con una prima verifica fatta il 20 dicembre, gli ispettori avevano visto che la capatura dei carciofi era effettuata “dove passano le persone”, ci dice Montano. “La dottoressa Cappiello, funzionaria dell’Asl, ci aveva imposto di non fare questa operazione in corridoio, perché le norme igieniche non lo consentono. Noi siamo profondamente legati all’idea di far vedere alla gente la pulizia del carciofo e io su questo romanticismo mi sono personalmente fissato”. Quindi “arbitrariamente, senza averla prima sentita, anche se era nelle mie intenzioni che questo avvenisse, ho messo una bacheca di vetro per evitare che l’operatore che pulisce i carciofi stesse a contatto con il pubblico”. La dottoressa Cappiello non ha gradito l’intraprendenza e ha agito con fermezza. “L’errore è sicuramente determinato da noi, altrimenti saremmo a raccontare favole. C’è stata una nostra inadempienza che ha portato la dottoressa Cappiello a sentirsi profondamente indispettita. Ha trovato una inadempienza grave in quello che per noi era un tentativo di dialogo. Quindi lei ha perfettamente ragione, perché è stato violato un rapporto di fiducia. Lei ha pensato: siccome non fai quello che io mi aspetto, ti faccio vedere che hai mille altre cose che io potrei contestare”. E quindi si arriva alla chiusura del mercato. Con quale motivazione? “Per una sciocchezza legata a magazzini che avrebbero i piani di appoggio non perfettamente lavabili o qualche pezzo di pavimento non ricoperto così come prescritto dalle norme. Noi abbiamo lavorato tutta la notte e abbiamo completato la messa a norma. Ora ci sono i tempi della burocrazia”. Per cui il mercato – dove entrano in media 6.000 persone al giorno, con punte di 12-14 mila – potrebbe riaprire nel giro di poco. “Non so se domani (oggi, ndr) riapriremo, o lunedì o martedì. Non ne ho idea”. Insomma, dice Montano, “mi pesa la punizione, che trovo smisurata rispetto all’inadempienza. Però neanche posso dire di aver subito un’ingiustizia senza ragione. Ho commesso una leggerezza: ho messo i carciofi dietro un vetro. La cosa strana è che io avevo con questa dottoressa un rapporto estremamente costruttivo. Quando mi ha dato questa terribile notizia io ci sono rimasto malissimo, ero in lacrime. L’ho salutata con un bacio. Non sono minimamente risentito con lei. Il problema è che mi trovo in una favola buffa. Ma riapriremo più forti che mai”. 

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.