LaPresse/Roberto Monaldo

Appunti sul Visco dopo Visco

Redazione

La valida esperienza a Francoforte giustifica maggior impegno in Italia

Era chiaro da giorni che il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, avrebbe proposto il rinnovo di Ignazio Visco a governatore della Banca d’Italia fino al 2023 e che il capo dello stato Sergio Mattarella avrebbe approvato, come accaduto oggi. La mozione maldestra del Pd e il successivo dibattito mediatico con cui Matteo Renzi ha voluto prendere le distanze dal governo, e da Visco, non avrebbero cambiato la scelta (scelta che, come risulta al Foglio, in realtà non era così scontata, prima della mossa di Renzi). Semmai hanno rafforzato la convinzione che l’indipendenza dell’Istituto dalla politica andasse difesa e “preservata”, come dice qualcuno dei tredici membri del Consiglio superiore di Banca d’Italia (l’organo sentito dal premier secondo il rito). Il rinnovo del governatore non era obbligatorio. La legge del 2005 che lo prevede era nata per limitare la durata dell’incarico, che prima era senza scadenza, e in fondo scoraggia il perpetuarsi dell’investitura. Non c’erano sostituti? Semmai non c’era tempo per digerire le scelte interne, di Rossi o di Panetta, a ridosso della nomina. Visco ha avuto il merito di essere stato un membro non secondario nel Consiglio direttivo della Bce in questi anni di discussioni con i paesi nordici al fine di dispiegare e mantenere il Quantitative easing voluto da Draghi. Altri conflitti seguiranno nell’Eurotower. Tuttavia la riconferma procede parallela alla generale bocciatura della Vigilanza di Banca d’Italia per come ha gestito alcune crisi bancarie. Visco sarà messo sulla graticola per questo. Il governatore potrebbe intervenire sui rapporti non chiari con le banche vigilate. Come si è visto alla Pop. di Vicenza che fu indicata addirittura come polo aggregante da Banca d’Italia, sebbene non fosse esempio di rettitudine, ma l’opposto.

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