Matteo Salvini con Silvio Berlusconi in un incontro del 2015 (foto LaPresse)

Il centrodestra ha tanti voti, ma non ha un'offerta politica

Salvatore Merlo

Berlusconi e Salvini battibeccano su chi ha preso di più tra Fi e Lega. Ma nei comuni hanno vinto le liste civiche

Roma. Ad Arcore, dove Silvio Berlusconi è stato chiuso per tutto il giorno, il risultato lusinghiero delle elezioni amministrative era atteso, “ampiamente anticipato dai sondaggi che avevamo”, raccontano. Ma l’analisi del voto rimane complicata in casa del centrodestra, anzi, l’analisi è per così dire inquinata da questioni umorali, personali e caratteriali, da una competizione che continua a tenere distanti gli orizzonti del Cavaliere da quelli di Matteo Salvini. “Il centrodestra unito a trazione leghista dà i propri risultati”, dice il segretario della Lega. “Forza Italia resta di gran lunga il maggior partito del centrodestra”, gli risponde Berlusconi. E sullo sfondo ci sono tensioni, malgrado il successo nei comuni in cui si è votato domenica, che riguardano la legge elettorale (Salvini spinge per il maggioritario mentre Berlusconi resta affezionato all’idea del proporzionale), tutta una contesa che riguarda la leadership di questo centrodestra che ha un elettorato, sì, come dimostrano le amministrative, ma non ha ancora un’offerta politica e una forma compiuta. “Salvini ha aperto una questione di tipo anagrafico con Berlusconi”, racconta Paolo Romani, il capogruppo di Forza Italia in Senato, “e questo è un problema”. I due non si piacciono, non si prendono, e adesso danno vita a un gioco di schermaglie tattiche in cui ciascuno rivendica per sé la fetta maggiore della torta elettorale. “Ma è un gioco a somma zero. Inutile”, dice Maurizio Gasparri.

 

Eppure l’analisi del voto di domenica dovrebbe imporre ragionamenti freddi, e risposte rapide. In tutta Italia le sigle dei partiti che compongono il centrodestra non sfondano, mentre una sorta di riorganizzazione dal basso del ceto politico di centrodestra ha consentito, grazie alle liste civiche che hanno raccolto migliaia di voti, un exploit elettorale che ha portato la destra al ballottaggio quasi dovunque. Da nord a sud. Emblematici i casi di Verona e Taranto. Nella città veneta, nessuna delle sigle di partito ha raggiunto numeri a due cifre, Forza Italia è al 3 per cento, la Lega (in un suo feudo) è all’8 per cento, mentre la lista del candidato sindaco, Gabriele Sboarina, sfiora il 15. Lo stesso succede a Taranto, dove addirittura i partiti – fatta eccezione per i conservatori e riformisti di Raffaele Fitto – non si sono nemmeno presentati con i loro simboli. Eppure, a Taranto città, il complesso del centrodestra, riunito sotto liste civiche, ha guadagnato la bellezza di 22.940 voti, pari al 24,9 per cento. E gli esempi di Verona e Taranto, e più in generale i risultati di queste elezioni, indicano al centrodestra un fatto che Gianfranco Rotondi, deputato democristiano molto amico del Cavaliere, riassume così: “Esistono gli elettori di centrodestra ma non esiste il centrodestra”.

 

E insomma in tutta Italia, da Taranto a Verona, una sorta di fai da te, di riverniciatura delle vecchie sigle di partito – le liste civiche, dalla Sicilia alla Lombardia erano imbottite di uomini con la tessera di Forza Italia – consente di poter dire, come fa l’ex ministro Mariastella Gelmini, che “la gente ci vota e ci vuole uniti. E uniti vinciamo”. Ma, come aggiunge Gasparri, “alla domanda degli elettori non sempre riusciamo a far corrispondere un’offerta. Abbiamo grossi problemi a livello nazionale. E Salvini, lo dico senza troppa polemica, sbaglia tutto. Trae conseguenze esagerate pro domo sua che creano diffidenza in Berlusconi. Ha un’ansia di leadership che lo rende miope. La Lega ha preso complessivamente il 7,8 e Forza Italia il 7. Il resto dei voti sono delle liste civiche, che erano in gran parte composte da gente nostra. Che senso ha, da parte di Salvini, rivendicare un primato indimostrabile?”.

 

E allora eccolo il centrodestra che quasi vince il primo turno delle elezioni amministrative, recupera voti che erano migrati al Movimento cinque stelle, insidia primati del Pd e del centrosinistra, ma non è in grado di esprimere un’alleanza coerente, una coalizione con un programma chiaro e una leadership riconosciuta a livello nazionale. Il centrodestra, verrebbe da dire, esiste nelle urne malgrado la classe dirigente che lo rappresenta a Roma. E questo può essere un punto di partenza, ma anche un clamoroso esempio di dissipazione. Un caso di psicopatologia politica da studiare all’università.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.