Il pm Henry John Woodcock (foto LaPresse)

Caos Consip

Luciano Capone

Tutto quello che non va nell’inchiesta di Napoli, e quella guerra con Roma ormai palese

Roma. Quando la vicenda Consip è esplosa si pensava che l’inchiesta del pm Henry John Woodcock dovesse portare a un processo del sistema di potere renziano. Gli sviluppi più recenti hanno invece ribaltato lo scenario: il caso Consip si sta trasformando in un processo all’inchiesta e a certi metodi d’indagine. Qualcosa di simile, con tutte le differenze del caso, è avvenuto per la procura di Palermo con l’inchiesta sulla cosiddetta “trattativa stato-mafia”, in cui con il passare del tempo, tra accuse che crollano e assoluzioni che piovono, il processo sta diventando più imbarazzante per gli inquirenti che per gli imputati.

“La giustizia brucia, del Guardasigilli non si ha notizia – ha scritto il direttore del Mattino Alessandro Barbano in un editoriale sul caso Consip – Eppure quello che sta emergendo, dopo che la procura di Roma ha deciso di passare al setaccio il lavoro investigativo condotto dal Noe, ha aspetti di tale gravità che non si vede proprio come sia possibile per il ministro starsene alla larga”.

 

Gli ultimi sviluppi della vicenda Consip mostrano come errori (nella migliore delle ipotesi), manipolazioni, passi falsi e comportamenti scorretti abbiamo accompagnato l’inchiesta dalle sue fasi iniziali alle fasi più recenti. Così li ha messi in fila Barbano: “Prima la fuga di notizie, poi la scoperta che le trascrizioni delle intercettazioni, che coinvolgevano Tiziano Renzi, erano alterate in punti decisivi, e che l’informativa del capitano Gian Paolo Scafarto conteneva non una svista, ma una lunga serie di errori; quindi ancora la confutazione dell’ipotesi, avanzata dallo stesso capitano, di un occhiuto controllo dei Servizi segreti a suo danno, e insieme la verifica che, nonostante l’ufficiale fosse ben consapevole della sua falsità, la stessa ipotesi è rimasta ugualmente nell’informativa da lui predisposta; infine la rivelazione, per bocca dello stesso capitano, di avere immediatamente comunicato che quello degli 007 era un falso allarme al sostituto procuratore John Henry Woodcock, da cui tuttavia sarebbe giunta (prima?) l’indicazione di redigere sul ruolo dei Servizi un capitolo autonomo della relazione investigativa”. 

Questa matassa in parte è stata sbrogliata dal lavoro della procura di Roma che, una volta ricevuto il faldone per competenza, si è messa a spulciare ogni atto per vederci chiaro. E mentre i magistrati romani dipanavano il filo, sono emersi nodi che fino a poco fa si era tentato di coprire e che qualcuno dovrà sciogliere. Quando a Roma sono emerse le manipolazioni e le omissioni del capitano del Noe Gian Paolo Scafarto alla procura di Napoli si è tentato di fare quadrato, nonostante le gravi accuse che rivolte all’ufficiale braccio operativo del pm Woodcock. Dopo che la procura di Roma aveva già revocato da un mese le indagini al Noe per la fuga di notizie e dopo le accuse di falso al capitano Scafarto, il 12 aprile la procura di Napoli rinnovava piena fiducia al Noe e al capitano Scafarto. “Le recenti iniziative investigative assunte dalla Procura della Repubblica di Roma in relazione a vicende concernenti la Consip – scriveva in una nota il procuratore facente funzioni Nunzio Fragliasso – allo stato non hanno alcun riflesso sulle indagini condotte dal Noe”. La decisione di confermare fiducia al Noe fu presa su richiesta di Woodcock durante una riunione dell’ufficio, a cui Fragliasso acconsentì in cambio del più assoluto riserbo con gli organi d’informazione (“evitare commenti, esternazioni e dichiarazioni”). Il silenzio dura poche ore, perché il giorno successivo compare su Repubblica un’intervista a Woodcock in cui il pm parla in maniera diffusa del caso e definisce le manipolazioni di Scafarto come un “errore”, escludendo quindi il dolo.

 

La difesa d’ufficio di Scafarto da parte di Woodcock ha però rotto un equilibrio precario, facendo esplodere conflitti che erano rimasti in parte sottotraccia, tra la procura di Roma e quella di Napoli e anche all’interno della procura partenopea. Per quell’intervista il pg della Cassazione Pasquale Ciccolo ha avviato un’azione disciplinare davanti al Csm nei Woodcock, in cui vengono mosse due contestazioni. Una è quella di aver interferito nell’attività della procura di Roma, perché affermando la tesi dell’errore, avrebbe contraddetto l’impostazione su cui stanno indagando i pm romani. L’altra contestazione è il comportamento gravemente scorretto nei confronti del procuratore reggente Fragliasso, a cui era stato promesso il silenzio. E questi rilievi sono mossi a Woodcock proprio da una relazione di Fragliasso.

 

A ciò va aggiunto l’interrogatorio dei pm romani al capitano Scafarto durato oltre quattro ore, in cui sono emersi altri errori e in cui l’ufficiale ha indicato come la parte dell’informativa sui servizi segreti contestata dai pm romani sia stata scritta proprio su suggerimento di Woodcock.

 

La lunghezza dell’interrogatorio e lo scrupolo con cui prosegue la verifica di ogni singolo atto, fanno immaginare che i pm romani abbiano seri dubbi su come i magistrati napoletani hanno condotto l’inchiesta. E forse è anche per questo che, poco dopo le nuove rivelazioni di Scafarto, il procuratore di Napoli Fragliasso ha preso le distanze dal Noe (da sempre vicino a Woodcock) e da Scafarto: “Con riferimento agli articoli di stampa che in più riprese, anche recentemente, in merito alla vicenda Consip hanno attribuito a questo Ufficio la manifestazione di una conferma della fiducia al Comando dei Carabinieri del Noe e, in particolare, ad un ufficiale di tale Arma – ha scritto Fragliasso in una nota – questo Ufficio, pur nel rispetto del doveroso riserbo istituzionale, avverte l’esigenza di ribadire che la procura della Repubblica di Napoli non si è mai pronunciata sulla conferma, o meno, della fiducia al Comando e all’Ufficiale su indicati”. In pratica, con oltre un mese di ritardo, Fragliasso smentisce se stesso e scarica Woodcock, a sua volta coinvolto da Scafarto.

 

Fughe di notizie, informative forse pilotate ma sicuramente manipolate, interviste di magistrati su inchieste in corso svolte da altri colleghi, procedimenti disciplinari, scontri tra procure, scontri nelle procure e una procura, quella di Napoli, senza guida ormai da mesi. La giustizia brucia.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali