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La legge animalista che blocca la ricerca contro il cancro. Parla l'Airc

Luciano Capone

Il governo ha inserito nel decreto Milleproroghe una moratoria di un anno, ma i ricercatori ne chiedono almeno cinque. “Si tutelano gli animali, ma nel frattempo la gente muore”

Roma. Negli ultimi giorni il paese ha discusso molto della sentenza della Cassazione sui maltrattamenti alle aragoste e ai granchi tenuti vivi sul ghiaccio nei ristoranti, ma ha probabilmente sottovalutato un problema enorme che riguarda il “benessere animale” e che rischia di paralizzare la ricerca scientifica. Nel 2014, sull’onda di campagne politico-mediatiche di disinformazione, il Parlamento ha approvato una legge sulla tutela degli animali in ambito scientifico con un enorme numero di restrizioni che di fatto impediscono la sperimentazione animale. I modelli animali però sono indispensabili per la ricerca biomedica e le limitazioni introdotte sono così assurde che il Parlamento ha dovuto inserire una moratoria per ritardarne l’entrata in vigore, ma la moratoria è scaduta il 31 dicembre e di fatto tutta la ricerca scientifica italiana opera in un vuoto legislativo. “C’è solo un’opzione razionale, che è quella di prorogare la moratoria per risolvere il problema nell’immediato – dice al Foglio Niccolò Contucci, direttore generale dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc) –  Come ha dimostrato anche la verifica del ministero della Salute sulla possibile esistenza di altri metodi, non c’è alternativa ai modelli animali. Sul piano razionale quindi è tutto chiaro, ma quando poi il dibattito si sposta sul piano politico le cose cambiano”.

Su questo tema le divisioni sono trasversali, ogni partito ha al suo interno un fronte animalista combattivo. Il governo ha inserito nel decreto Milleproroghe una moratoria di un anno, ma il mondo della ricerca – sia pubblico che privato, a partire da come Research4life, Telethon, il San Raffaele, l’università di Milano e tanti altri – chiede quantomeno un’estensione della moratoria a cinque anni, che dovrebbe essere inserita con un emendamento, per permettere al settore di fare un minimo di programmazione. Proprio in questi giorni l’Airc ha stanziato per il 2017 102 milioni di euro per finanziare 680 progetti di ricerca per la lotta contro il cancro, un settore in cui la sperimentazione animale è indispensabile. “Solo noi finanziamo 5 mila ricercatori, oltre la metà sotto i 40 anni, che in larghissima maggioranza lavorano nella ricerca pubblica statale – dice Contucci – Il loro problema, se non si approva subito una moratoria, è che non potranno neppure chiedere soldi per fare ricerca, non potranno più ottenere finanziamenti né dall’Unione europea, né dal ministero della Salute né dai privati, come Airc e Telethon, né da altre agenzie internazionali. I progetti in genere sono quinquennali e non si può dire a chi li finanzia che gli animali potranno essere usati solo nel primo anno. Sarebbe un motivo di esclusione”.

Oltre al danno economico facilmente misurabile dalla perdita di centinaia di milioni di investimenti e migliaia di posti di lavoro, che toglierebbe al paese conoscenza e competitività, c’è un problema ancora più rilevante che riguarda le persone malate: “Ogni giorno nel nostro paese ci sono mille nuove diagnosi di cancro – dice Contucci – spesso si fanno alti discorsi sull’etica e la difesa degli animali, ma si dimentica che nel frattempo la gente muore. Noi abbiamo un dovere, non solo morale ma anche pratico, di dare risposte a chi le aspetta”.

Ma la moratoria attesa dal governo e dal Parlamento è solo un primo passo (“un intervento di rianimazione della ricerca”, dice Contucci), perché la legge animalista, approvata sull’onda emotiva un po’ come accaduto nel caso Stamina, è in contrasto con la direttiva europea. Per questo motivo la Commissione europea ha avviato  ad aprile una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia contro le norme anti-sperimentazione, che si trasformerà in una multa salata se la legge nazionale non verrà uniformata agli standard europei: “Sarebbe davvero paradossale – dice il direttore generale dell’Airc – se ci trovassimo a spendere milioni di euro per impedire la ricerca scientifica anziché per finanziarla”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali