Massimo Ciancimino (foto LaPresse)

I paradossi nell'arresto del superteste Ciancimino

Massimo Bordin

C’è voluto qualche anno, anche se il processo era semplice, ma alla fine è stato arrestato

C’è voluto qualche anno, anche se il processo era semplice, ma alla fine Masimo Ciancimino è stato arrestato. Non solo condannato, arrestato perché i tre anni che la cassazione gli ha inflitto per detenzione di esplosivo si sommano ai due anni e otto mesi, per riciclaggio, sospesi nel 2011 dall’indulto. Dunque il processo sulla cosiddetta trattativa vede aggiungersi a quello di partenza altri due nuovi paradossi a proposito del principale teste di accusa che, nello stesso processo in cui svolge questo impegnativo compito, si ritrova imputato di calunnia. Adesso il teste-chiave dovrà attendere la sentenza in stato di detenzione per ulteriori reati. Il terzo paradosso sta nei candelotti di dinamite che Ciancimino jr. si era procurato chissà come e aveva piazzato nella sua casa bolognese per dimostrare quanto pericolosamente fosse minacciato. Di esplosivo nascosto, in questo processo molto si è parlato ma ora l’unico che sia stato realmente trovato si rivela, per sentenza della suprema corte, un imbroglio architettato dal superteste che chiude la sua parabola tornando da “icona dell’antimafia” a pataccaro. Una curva più che paradossale, forse la metafora dell’intero processo, che già cerca altre strade nel labirinto in cui ha scelto di cacciarsi. Domani vedremo come.

Di più su questi argomenti: