Lee Jae-young, vicepresidente di Samsung (foto LaPresse)

In Corea del sud i pm chiedono l'arresto del vicepresidente di Samsung

Redazione

Lee Jae-young è accusato di corruzione e falsa testimonianza. Avrebbe pagato tangenti a due fondazioni no profit controllate da Choi Soon-sil, confidente della presidente Park Geun-hye

Corruzione e falsa testimonianza. Per questi capi di accusa il procuratore speciale di Seul ha chiesto il mandato d’arresto per Lee Jae-young, figlio dell’ex presidente e nipote del fondatore di Samsung, nonché attuale vicepresidente del gruppo. Il 48enne è accusato di aver pagato tangenti per un totale di 34 milioni di euro a due fondazioni no profit controllate da Choi Soon-sil, confidente della presidente Park Geun-hye, per ottenere l’appoggio del governo nella sua scalata all’azienda. A provarlo ci sarebbero file e corrispondenze rinvenuti nel suo tablet il 29 ottobre scorso.

 

La vicenda da cui è partita l’indagine su Lee Jae-young riguarda la fusione di due aziende del gruppo Samsung nel 2015. Un’operazione da 8 miliardi di dollari che all’epoca fu fortemente osteggiata da alcuni azionisti che sostenevano che il prezzo delle azioni fosse al ribasso e che l’eventuale fusione avrebbe semplicemente cementato il potere della famiglia Lee a scapito degli azionisti di minoranza.


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Giovedì, il rampollo della famiglia che guida l’azienda sudcoreana era stato interrogato per 22 ore dagli inquirenti che però non avevano deciso subito per l’arresto “perché bisogna valutare l’impatto di questa vicenda sull’economia del paese”. Sul mandato d’arresto deciderà mercoledìil tribunale di Seul. Lee ha giurato di essere stato vittima e non corruttore e per questo rischia l’incriminazione anche per spergiuro.

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