Roberto Formigoni (foto laPresse)

Formigoni condannato a 6 anni per corruzione

Redazione

I benefit ricevuti da Daccò e Simone, che l'ex governatore della Lombardia definiva "scambi tra amici", erano tangenti in cambio di finanziamenti regionali al San Raffaele e alla Fondazione Maugeri

L'ex presidente della Regione Lombardia e attuale senatore dell'Ncd, Roberto Formigoni, è stato condannato a sei anni di carcere e alla confisca di 6,6 milioni di euro dal tribunale di Milano nel processo sul caso Maugeri. Sono stati condannati anche il faccendiere Pierangelo Daccò (9 anni e 2 mesi di reclusione) e l'ex assessore Antonio Simone (8 anni e 8 mesi).

 

Formigoni era accusato di associazione a delinquere e corruzione, ma i giudici lo hanno assolto dalla prima accusa. I pm Laura Pedio e Antonio Pastore avevano chiesto una condanna a nove anni di carcere. L'ex governatore si era difeso definendo le accuse "roba da fiction" e la sua difesa aveva definito queste "utilità", pari a circa otto milioni di euro, ricevute da Daccò e Simone dei semplici "scambi tra persone amiche".

 

 

Ma secondo i pm, Formigoni è stato corrotto con una serie di benefit per un valore complessivo di otto milioni di euro: vacanze di lusso in località esotiche, crociere, cene in ristoranti stellati e finanziamenti per i meeting di Comunione e Liberazione di Rimini. In cambio, Formigoni ha favorito la Fondazione Maugeri e l'ospedale San Raffaele con delle delibere approvate dalla giunta lombarda tra il 1997 e il 2011 per garantire i finanziamenti che la Regione può distribuire con discrezionalità alle strutture ospedaliere.

 

Il 13 aprile 2012 la procura di Milano aveva arrestato 5 persone accusate di avere sottratto 56 milioni di euro dalle casse di uno dei “gioielli” della Sanità lombarda, la Fondazione Maugeri con sede a Pavia e ramificazioni in tutta Italia, specializzata in terapie riabilitative. Tra loro, oltre al patron della Fondazione, Umberto Maugeri, c'era anche l'ex assessore regionale Antonio Simone e l'uomo d'affari Pierangelo Daccò. I due erano legati all'allora presidente della Regione dalla militanza in Comunione e Liberazione.

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