Il cantiere del cunicolo esplorativo della Tav (foto laPresse)

Ventuno arresti per corruzione nei subappalti della Tav Milano-Genova e dell'A3

Redazione
Per la procura ipotesi di associazione a delinquere ed estorsione. Uno scambio di favori tra dirigenti e imprenditori.

I Carabinieri hanno compiuto stamattina ventuno arresti in relazione alle indagini condotte sui lavori per il terzo valico dell’alta velocità ligure e per quelli dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. I fermi sono stati compiuti tra il Lazio, la Lombardia, il Piemonte, la Liguria, la Toscana, l'Abruzzo, l'Umbria e la Calabria. Associazione per delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione sono i reati ipotizzati dai Carabinieri del Comando provinciale di Roma ai 21 indagati destinatari di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip della capitale. Uno scambio di favori, ipotizza la procura di Roma, tra dirigenti e imprenditori, con un direttore dei lavori diventato di fatto socio del capo di un’azienda calabrese nel settore delle costruzioni stradali.

 

Gli investigatori hanno ricostruito, nell’indagine denominata “Amalgama”, delle condotte illecite da parte di un gruppo di persone costituito, organizzato e promosso dall’ingegnere Giampiero De Michelis - direttore dei lavori fino al 2015 - e dal suo socio di fatto, Domenico Gallo, un imprenditore calabrese operante nel ramo delle costruzioni stradali, che si sarebbe avvalso del contributo di altre nove persone, tra cui anche alcuni funzionari del consorzio COCIV, Consorzio collegamenti integrati veloci. De Michelis, secondo l’accusa, avrebbe certificato in maniera illecita la regolarità dei lavori, in cambio di subappalti per forniture e opere connesse a società riconducibili a lui. Altre 14 ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dalla Guardia di Finanza di Genova su ordine del gip del Tribunale di Genova, nei confronti di imprenditori e dirigenti, coinvolti nei lavori per la costruzione del Terzo Valico ferroviario Genova-Milano. Agli indagati vengono contestati, a vario titolo, i reati di corruzione, concussione e turbativa d'asta. L'operazione è stata denominata “Arka di Noè”.

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