Raffaella Paita (foto LaPresse)

Paita prosciolta e Incalza assolto (e 16!). Schiaffi togati

Annalisa Chirico
Anni di calvario che dicono tutto sul nostro sistema giudiziario

Roma. Raffaella Paita fu accusata di omicidio e disastro colposo in piena campagna elettorale per la presidenza della regione Liguria. Ieri è stata prosciolta. Per lei nessun processo, le accuse non tengono. E’ il primo schiaffo di Paita, visibilmente smagrita. Ci auguriamo per lei che sia l’ultimo. C’è invece un uomo che è abituato ai déjà-vu, alle scene che si ripetono identiche a se stesse. Lui ha perso il conto della ridda di assoluzioni e proscioglimenti che ha scandito gli ultimi anni della sua vita. Parliamo di Ercole Incalza, il sedicesimo schiaffo per lui è arrivato qualche giorno fa quando un gip ha archiviato l’ennesima inchiesta, questo processo non s’ha da fare. Il “ras del ministero di Porta Pia” (copyright del Fatto quotidiano), superdirigente, già a capo della struttura di missione del ministero delle Infrastrutture, uomo macchina e di cervello che ha progettato treni ad alta velocità, autostrade, metropolitane e gallerie, incassa l’ennesimo proscioglimento. “La mia fiducia nella giustizia resta immutata – sono le prime parole di Incalza al Foglio – Ho subìto i guasti di un sistema che porta con sé gravi difetti ma che alla fine riesce, in qualche modo, ad autocorreggersi”. Secondo le carte della procura, a tenere banco doveva essere il Sistema, con la S maiuscola, così fu battezzata la maxi inchiesta fiorentina che doveva disvelare ruberie e ladrocini nel girone infernale di appalti, consulenze e direzioni lavori per le Grandi opere ferroviarie e stradali. Alla fine però le accuse si ridimensionano, i capi d’imputazione cadono, diversi imputati escono dal processo, e il “sistema” alla sbarra, impossibile da assolvere, è quello con la s minuscola, è il sistema giudiziario.

 

Il gip di Firenze Angelo Pezzuti ha archiviato diverse accuse nei confronti di Incalza, con ipotesi di corruzione, turbativa, frode in pubbliche forniture che si sciolgono come neve al sole. E’ la stessa procura a richiedere l’archiviazione. Come in una performance teatrale, cala il sipario sull’associazione per delinquere, figura certo suggestiva ed efficace se si voleva inchiodare Incalza nel ruolo del grande manovratore (“gli elementi emersi dalle indagini preliminari sono sufficienti a fondare l’accusa in giudizio come già rilevato nell’ordinanza cautelare emessa da questo giudice”, scrive il gip). Si dissolve l’ombra della corruzione sull’affidamento delle direzioni lavori per il sottoattraversamento di Firenze a due società riconducibili all’ingegnere Stefano Perotti. Non vi sono riscontri utili a “chiarire definitivamente il significato di alcune intercettazioni telefoniche sulla cui base è fondata l’accusa”, stabilisce il giudice; le prove per ottenere il rinvio a giudizio non tengono.

 

Eppure quegli stralci di conversazione rubati, quegli indizi carpiti qua e là e messi insieme a ogni costo furono ritenuti sufficienti, nel marzo dello scorso anno, per richiedere e autorizzare l’arresto di un signore di 72 anni. I carabinieri bussarono alle cinque del mattino alla porta dell’appartamento di Incalza nel quartiere Prati: diciannove giorni a Regina Coeli, oltre due mesi ai domiciliari. “Il mio arresto era fondato sul nulla, non aveva senso, adesso lo dice anche un giudice. Potevano e dovevano risparmiarmelo – scandisce il pluriassolto Incalza – Tuttavia, se devo dirle, l’ultimo pronunciamento non allevia il dolore, i ceppi ai polsi rimarranno una macula indelebile nella mia vita”. E dire che solo pochi mesi fa, a marzo, un altro gup, Alessandro Moneti, aveva emesso sentenza di non luogo a procedere nei confronti di Incalza e altri imputati, per non aver commesso il fatto, nel filone principale dell’inchiesta sui lavori Tav a Firenze. I presunti abusi e illeciti volti a bypassare vincoli e autorizzazioni paesaggistiche erano una fantasia inquisitoria. Va bene, ci siamo sbagliati, perché in fondo sbagliare è umano. Perseverare è diabolico. Il sedicesimo schiaffo ha uno schiocco sinistro. Il Sistema, se pure esisteva, non era fuorilegge. Il sistema invece, quello con la s minuscola, fa acqua da tutte le parti.

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