Gli ulivi del Salento colpiti dall'epidemia (foto LaPresse)

L'Efsa dà un altro colpo all'inchiesta sulla Xylella. Ma i pm non demordono

Luciano Capone
“Non vi è prova che più tipi di Xylella fastidiosa siano presenti in Puglia, secondo una disamina sulle recenti evidenze scientifiche disponibili”. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare smentisce la procura di Lecce.

Roma. “Non vi è prova che più tipi di Xylella fastidiosa siano presenti in Puglia, secondo una disamina sulle recenti evidenze scientifiche disponibili”. L’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare che fornisce consulenze scientifiche indipendenti sui rischi connessi all’alimentazione e sulla salute delle piante, ha risposto con chiarezza a uno dei quesiti posti dalla Commissione europea sull’epidemia degli ulivi che ha colpito il Salento. “Il gruppo di esperti sulla salute dei vegetali ha recensito la più recente letteratura scientifica e analizzato i dati di sequenziamento del Dna tratti da campioni raccolti nella zona – scrive l’Efsa – e in tutti i documenti esaminati si concludeva che i campioni di Dna raccolti da olivi e da altre piante appartengono allo stesso tipo di sequenza”. Si tratta di un aspetto tecnico che però mina alle fondamenta l’inchiesta della procura di Lecce sull’emergenza Xylella, che ha bloccato il piano di contenimento del batterio da quarantena e in cui sono indagati dieci ricercatori e funzionari con l’accusa di diffusione colposa di malattia delle piante, falso materiale e ideologico, getto pericoloso di cose, distruzione di bellezze naturali.

 

Il parere dell’Efsa è importante perché conferma le evidenze raccolte dai ricercatori indagati e smentisce il procuratore di Lecce Cataldo Motta che invece asserisce con estrema sicurezza il contrario: “Abbiamo accertato che sono stati trovati nove ceppi di Xylella” (nel decreto di sequestro i magistrati scrivevano, con tre punti esclamativi, che i ceppi del batterio potevano essere anche di più: “Perlomeno nove!!!”). Questo aspetto è rilevante perché nell’impianto dell’inchiesta serve a sostenere l’ipotesi che la pluralità di ceppi derivi da una mutazione del batterio, quindi che il batterio sia presente sul territorio da molto tempo (circa 20 anni) e che quindi non sia la vera causa del disseccamento degli ulivi, che è una malattia recente: “L’Unione europea è stata tratta in inganno con una falsa rappresentazione dell’emergenza Xylella fastidiosa, basata su dati impropri e sull’inesistenza di un reale nesso di causalità tra il batterio e il disseccamento degli ulivi”, dice la procura. In pratica gli indagati avrebbero costruito a tavolino una falsa emergenza, ingannando l’Europa, per  speculare e distruggere l’olivicoltura.

 

Ma l’Efsa, prima del parere che sconfessare l’ipotesi della presenza di più ceppi del batterio, aveva smentito con un altro parere anche l’altra ipotesi della procura sulla innocuità del patogeno: “La Xylella fastidiosa è responsabile della malattia che sta distruggendo gli olivi nell’Italia meridionale”, scriveva a marzo. Di conseguenza, confermando quanto i ricercatori indagati sostenevano dall’inizio, l’autorità indipendente smentisce anche la teoria che l’Europa sarebbe stata tratta in inganno dagli indagati nella stesura del piano di contenimento del batterio che prevede anche l’abbattimento degli alberi infetti nella fascia di sicurezza. Se così stanno le cose, se cioè i ricercatori, l’Europa (la Commissione europea, la Corte di giustizia, l’Efsa) e le più prestigiose società scientifiche come l’Accademia dei Lincei sono concordi sulla gravità della situazione, sulla pericolosità del batterio e quindi sulla non colpevolezza degli indagati, su quali basi e su quali prove la magistratura sostiene il contrario? Sulla base di quali evidenze scientifiche il procuratore Motta sostiene che per guarire gli ulivi basta dare “tanta acqua”?

 

Il teorema della procura si fonda su una perizia, ormai superata dai pareri dell’Efsa e dai nuovi studi, e in cui i consulenti scientifici espongono solo alcune ipotesi non verificate: “E’ da verificare se effettivamente nel Salento sono presenti popolazioni di Xylella diverse fra loro”, scrivono. Per il resto l’inchiesta dei pm leccesi è piena di insinuazioni, allusioni e dietrologie (a un certo punto si fa riferimento al coinvolgimento della multinazionale Monsanto che sarebbe in possesso di una società, Alellyx, il cui nome è l’anagramma di Xylella). In un altro caso sono presenti addirittura affermazioni false, come una frase contro l’abbattimento degli ulivi attribuita ad Alexander Purcell, esperto di Xylella dell’università di Berkeley, e che il docente californiano ha dichiarato essere “completamente falsa”.

 

Il problema è che nel frattempo, con il piano d’emergenza bloccato dall’inchiesta, il batterio e l’epidemia sono avanzati mettendo a rischio l’olivicoltura pugliese e tutte le altre coltivazioni suscettibili alla Xylella. Inoltre l’Europa, che teme una diffusione in tutto il continente e soprattutto nel bacino del Mediterraneo del batterio, ha messo in mora l’Italia per inadempienza rispetto alle misure di eradicazione. Ciò vuol dire che l’Italia rischia di subire una multa salata per infrazione e soprattutto che gli stati europei potranno bloccare l’import dal nostro paese, con un danno enorme al settore florovivaistico. Ma la procura non molla e ha ottenuto altri sei mesi d’indagini per trovare le prove che mancano.

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali