Il racconto

Cosa ci racconta di Messina Denaro il suo covo a Campobello di Mazara

In tanti lo avrebbero incontrato. Nel suo appartamento abiti firmati, ricevute di ristoranti, viagra. Forse è stata proprio questa la sua forza, quella di vivere con i vizi e le abitudini dei comuni mortali

Riccardo Lo Verso

Da sei mesi, o forse più, Matteo Messina Denaro viveva a Campobello di Mazara. Praticamente a casa sua, appena una manciata di chilometri dalla natìa Castelvetrano. È uno dei tanti centri della anonima provincia siciliana. Poco più di 11 mila abitanti, un dedalo di case che non sorridono troppo all'estetica. Un anonimato che probabilmente stava stretto al capomafia trapanese, la cui trentennale latitanza è finita ieri in una clinica privata. Almeno così a giudicare dai dettagli scoperti nel covo.

  

  

Si trova lungo una delle principali strade di accesso al paese trapanese. Via Vittorio Emanuele II si incrocia con una fitta rete di stradine. 
Alcune portano nomi fin troppo noti, Karl Marx o Giovanni Paolo II. E poi ci sono quelle in sequenza a cui è affibbiata semplicemente una sigla, Cb. Si differenziano l'una dall'altra soltanto dal numero. Alla 31 c'è la palazzina dell'appartamento in cui viveva il latitante. Il proprietario è, almeno ufficialmente Andrea Bonafede, la stessa persona che ha fornito a Messina Denaro il documento di identità per sottoporsi prima agli interventi chirurgici e poi alle terapie per i gravi problemi di salute. E che ora ha iniziato a parlare con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia. Potrebbe non essere un semplice favoreggiatore.

  

La casa è al piano terra ben ristrutturata, probabilmente di recente. I carabinieri vi hanno trovato le spie di una vita agiata. Scarpe di lusso, sneakers griffate, profumi e cosmetici, il frigorifero pieno di cibo, ricevute di ristoranti.

Cose che, però, in fin dei conti non devono aver dato troppo nell'occhio. 

Almeno non quanto, potenzialmente, le pillole del sesso trovate in casa. È evidente che il latitante volesse potenziare le sue prestazioni per gli incontri con una o più donne che andavano a trovarlo. Che fosse uno sciupafennine faceva parte del suo passato, che ha alimentato la leggenda. Il playboy si era adattato alla modernità farmacologica

Questo sì, fa a pugni con la riservatezza di un latitante. Oppure è stata proprio questa la sua forza, quella di vivere con i vizi e le abitudini dei comuni mortali e non di chi scappa da decenni.

  

La strada del covo è piena di botteghe e negozi. Nessuno, così dicono, ricorda il volto del capomafia finito ieri su tutti i media nazionali e internazionali. Eppure c'è chi la pensa diversamente. Il comandante dei vigili urbani, Giulio Panierino, racconta del chiacchiericcio iniziato dopo la cattura. In tanti lo avrebbero visto e incontrato, al bar o lungo la strada di un anonimo paese della provincia a una manciata di chilometri da Castelvetrano, la città che ha dato i natali a Messina Denaro.