(foto di Ansa)

Caccia patinata

Una rivista venatoria per scoprire le munizioni “rispettose dell'ambiente”

 Arnaldo Greco

Piombo o Free-Lead? Quali proiettili utilizzare per restare green quando si va a caccia? Viaggio nel mondo dei cacciatori tra le pagine di "Wilde, la rivista del Cacciatore a palla”

"Wilde, la rivista del Cacciatore a palla” è un bimestrale, tutto sommato recente, giunto a maggio al suo 26esimo numero. Giacché per dire “selvaggio” sarebbe bastato “wild”, mi sono lungamente interrogato sul senso della “e” finale. Arrivando perfino a sospettare che il vecchio Oscar, non si sa mai, avesse una passione segreta per la caccia col fucile. Ma alla fine, e chiaramente per incapacità personali, mi sono dovuto arrendere al mistero. Non che scoprire cosa sia un “cacciatore a palla” sia stato meno complicato. Certo, è stato evidente da subito perfino a me che “a palla” non poteva essere un gergale di “al massimo”, troppo poco consono, ma recuperare una definizione precisa non è stato semplice.

 

In linea di massima, senza addentrarsi nel dettaglio di calibri, munizioni, armi e regolamenti venatori, par di capire che con “cacciare a palla” ci si riferisca al modo in cui si cacciano gli ungulati, dunque – principalmente – cervi, daini, cinghiali, caprioli. (Se vi sta venendo in mente l’epicità del “Cacciatore” di Cimino, beh, non è il caso). Come, d’altra parte, è evidente dalla rubrica con “le foto dei lettori” che apre praticamente la rivista: due pagine di cacciatori nella più classica delle foto, trionfanti, assieme alla loro preda, “il trofeo” viene così definito, adeguatamente posizionato a favore di telecamera, ma con la ferita mortale nascosta. Curiosamente nelle didascalie delle foto col trofeo si leggono cose come “Tizio con il suo cinghiale prelevato con il suo Nome iper tecnico del fucile di due righe” oppure “Caio con il suo primo maschio di capriolo selvatico prelevato con la sua Nome iper specifico della carabina e delle sue ottiche” (nota di colore: esistono ottiche Swarosvski per armi), dal che si comprende che gli animali, nella bolla dei cacciatori, non si sparano o uccidono o colpiscono, ma si “prelevano”, come al bancomat.

 

In ogni didascalia non può poi mancare “Weidmannsheil” che pare significhi “buona caccia” ed è un po’ come “merda” per gli attori. Ma deve esserci una stretta connessione tra caccia e Germania, visto che tra i pregi di un fucile viene citato il suo “appoggiaguancia alla bavarese” e ben cinque pagine del numero sono dedicate alla passione per la caccia di Massimiliano I d’Asburgo (morto nel 1519). Naturalmente, anche se prima sono state omesse per praticità, le analisi tecniche delle armi piene di numeri, specifiche e codici occupano notevole spazio e pagine. Stupisce, tuttavia, che, stando alle descrizioni che vengono fatte, pare che ogni arma sia il non plus ultra della precisione e dell’indistruttibilità, cosa che spinge a chiedersi: ma chi dovrebbe comprare una nuova arma se quella comprata il mese prima è già la migliore possibile? (Il problema è comune anche alle riviste con le prove di scarpe da corsa o racchette, ma lì si presume che, quantomeno, il consumo per l’attività faccia la sua parte). Deve essere per questa ragione, comunque, che nei film ogni cacciatore che si rispetti possieda un’armeria pazzesca negli anfratti dove gli altri esseri umani hanno le cianfrusaglie di cui non riescono a liberarsi.

 

Inaspettatamente, invece, altre prove di armi riguardano il settore dei coltelli – uno dei quali viene addirittura definito “coltello iconico”. Ma non sono affatto prove simili a quelle che vediamo in tv col tizio che taglia le lattine a metà, l’unico altro “coltello iconico” universalmente riconosciuto. Come per tutte le riviste di settore, accanto alle prove di armi o munizioni, ci sono ovviamente altrettante pubblicità di armi e munizioni. Più le pubblicità di quelle curiose cabine di legno poste a qualche metro di altezza da terra che, di tanto in tanto, si vedono nei boschi o nelle campagne e di cui, magari, vi siete sempre chiesti se fossero delle belle postazioni per ammirare la natura e invece no, servono a cacciare.

 

Allo stesso tempo, non è giusto pensare che caccia e rispetto per l’ambiente non camminino di pari passo, per esempio certe munizioni vengono vendute promettendo “effetto terminale garantito” e, allo stesso tempo, “un abbattimento pulito rispettando l’ambiente”. Il grande cerchio della vita proprio. I servizi sul mondo della caccia che, però, incuriosiscono di più sono altri due. Il primo riguarda la “stazione di recupero degli ungulati feriti” che, se a prima vista può sembrare riguardare un’opera pia, in realtà si riferisce agli ungulati che vengono feriti da un colpo, ma non uccisi. Se il cacciatore non riesce a seguire le tracce della bestia stremata può chiedere eventualmente aiuto a una di queste stazioni. L’altra analisi ha come titolo “Piombo o Free-Lead?” ed è un pezzo attraverso cui si tenta di dare a una risposta all’annosa questione: “Qual è la munizione con cui un cervo preferirebbe essere colpito? Con piombo o senza?”. Perché pare capiti che, qualora il colpo non sia mortale, i cervi sanguinino nei boschi o, addirittura, perdano parte delle viscere. E se quelle viscere vengono poi mangiate dagli uccelli allora si rischia un avvelenamento da piombo a catena. E questo, finalmente, è male.

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