Turisti a Piazza San Marco, a Venezia (foto LaPresse)

Cosa sarebbe Venezia senza le sue baruffe

Giuliano Ferrara

Stanno sempre a litigare su tutto. Ora è di nuovo il caso dei tornelli, per bloccare o limitare il traffico turistico. Ma la città è fatta per essere calpestata. Una modesta proposta

Le classi dirigenti veneziane sono fantastiche. Stanno sempre a querelarsi di ogni male (“in una capra dal viso semita sentivo querelarsi ogni altro male, ogni altra vita”, versificava Umberto Saba); stanno sempre a litigare su tutto, sempre a esibire, ciascuno per la propria vocazione o parte, la soluzione giusta ai problemi della città lagunare, se ne fottono delle conseguenze, il polemismo annoiato di sé (“son trent’anni che lo ripeto”) e il particolarismo claustrofobico sono esercizi a mente libera in cui eccelle notoriamente il Gran Cacciari televisivo e intervististico. Ma non è l’unico. E’ in folta compagnia. La baruffa è il sale della città e del suo modo di autogovernarsi attraverso gli anni, i decenni, i secoli. E’ la maschera delle maschere, il Carnovale dei Carnovali.

  

Ora è di nuovo il caso dei tornelli. Un bravo tipo come il sindaco Brugnaro si è fatto intrappolare ancora una volta nel blocco o rallentamento del traffico turistico, magari a numero chiuso, attraverso la faccenda complicatissima del filtraggio sul campo.

  

Un anno fa delle specie di passaggi a livello erano il ritrovato, ora si digitalizza, si usa il riconoscimento facciale, ma l’idea è sempre quella di fermare alle porte i barbari olandesi, inglesi, americani, francesi, tedeschi e molti altri che in sandali calzette mutandoni e canottiere pretendono di visitare a frotte la Disneyland dei Dogi e delle gondoette, imponendo disagio a una cittadinanza che sembra non capire l’elementare verità. Se anche costruite sul mare, le città, tutte le città, sono fatte per essere calpestate, e più sono belle, attraenti, più sono ricche di tesori d’arte e paesaggio, più attirano i calpestii dei popoli vaganti. L’Unesco può alzare il ditino ammonitore quanto vuole, ma la città è la città, e in particolare Venezia la si percorre a piedi, la si calpesta.

 

L’accusa è sempre la stessa. Venezia affonda, Venezia va salvata, così è invivibile nelle settimane calde dell’estate vacanziera. Sono balle in generale, un cinque anni fa feci l’esperimento e tra vaporini e passeggiate e visite ai musei e alle chiese e ai campi e campetti, bastava scegliere l’ora giusta, me la passai da Dio, presi il caffè al Florian alle 8 e mezzo del mattino, un paradiso non dico di solitudine urbana ma certo di assoluta normalità, favorevole alla conversazione e forsanco alla meditazione, e alle 9 visitai da solo, con l’aiuto di Francesco Cataluccio, durante la funzione, il bendiddio di San Marco. Questo cinque anni fa, ma ora le balle da madornali sono divenute spettrali, ché con la pandemia il problema di Venezia è attirare turisti che mancano, non il numero chiuso, come sanno tutti.

 

Il Mose è una diga che ha funzionato dopo quarant’anni di baruffe, saccenterie, critiche bestialmente risibili, aggressioni giudiziarie non tutte legittimate dalla sostanza di inevitabili sprechi e ruberie in un’opera-mondo così ingente e di lunga e ardua costruzione. Semplice, alzi le paratie e l’acqua alta è eliminata, come volevasi dimostrare quando, come ora tornante in riflusso, si alzava l’onda lunga delle polemicucce spicciole: meglio drenare Malamocco, troppa ruggine, non funzionerà mai. Invece di far tacere l’autolesionismo baruffario, i veneziani chissà perché, forse si annoiano immersi in tanta acqua e bellezza, tornano a piluccare soluzioni impraticabili e a criticare il semplice.

 

Modesta proposta. Invece di imporre una prenotazione e un occhiuto controllo territoriale e personale sul campo, cosa che ci attira le critiche legittime di voler introdurre una specie di Grande Fratello Veneziano all’insegna del riconoscimento facciale al posto di blocco, perché Brugnaro non fa stampare e mette in vendita le vignettes, nella quantità programmata della stagione, le vignettes essendo adesivi ecologici da acquistare e appuntarsi sulla canottiera per i visitatori, organizzando la polizia municipale per multare chi non la porta, a campione ovviamente? Fanno così in Svizzera per il traffico sulle autostrade, evitando i caselli e altre bellurie scomode. E’ troppo semplice?

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.